Scarlattina: come capire quando c’è e come curarla
13 Febbraio 2014 - di Mari
ROMA – Scarltattina: una malattia esantematica come il morbillo o la rosolia di cui però si parla meno. La dottoressa Susanna Esposito, direttore dell’Unità di Pediatria del Policlinico di Milano e presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP), in un’intervista al Corriere della Sera ha chiarito alcuni punti importanti per la diagnosi e la cura di questa patologia che colpisce soprattutto i bambini.
Innanzitutto bisogna chiarire che la scarlattina è sì una malattia esantematica, cioè caratterizzata da arrossamento cutaneo, ma a differenza di morbillo e rosolia non è causata da un virus, bensì da un batterio, lo streptococco beta emolitico di gruppo A (Streptococcus pyogenes).
Spiega Esposito:
“La possibilità di entrare in contatto con ceppi diversi dello stesso batterio spiega perché ci si può ammalare più volte di scarlattina. Sebbene oggi questa malattia possa essere curata bene, è importante non sottovalutarla visto che lo S. pyogenes può causare anche reazioni post-infettive su base immuno-mediata, alcune della quali gravi, come febbre reumatica e glomerulonefrite acuta”.
SINTOMI – La scarlattina si riconosce dal suo esordio solitamente brusco, con febbre anche oltre il 39°, spesso accompagnata da mal di gola, nausea e vomito. L’esantema non è sempre presente. Quando c’è le macchioline rosse di solito si sviluppano prima a livello di inguine, ascelle e collo, poi, nel giro di un giorno, al resto del corpo. Solo nei casi più gravi compaiono anche sul viso. Dopo alcuni giorni c’è una lieve desquamazione delle aree arrossate.
DIAGNOSI – La diagnosi avviene con il tampone faringeo, fatto dal medico, che dà una risposta in pochi minuti.
TERAPIA – La terapia, trattandosi di un’infezione batterica, deve essere antibiotica. Spiega Esposito:
“L’antibiotico da preferire è l’amoxicillina, da assumere per 10 giorni. Per controllare la febbre si usa il paracetamolo. Dopo 24-48 ore dall’inizio dell’antibiotico il bambino non è più infettivo. In genere con una terapia precoce e corretta la guarigione è assicurata senza sequele negative. Talvolta, tuttavia, l’infezione può causare altre complicanze come ascessi perifaringei o retrotonsillari, rinosinusite, otite media acuta, febbre reumatica e glomerulonefrite acuta. In genere la febbre reumatica e la glomerulonefrite compaiono a circa tre settimane di distanza dall’episodio acuto. Queste complicanze non vanno mai sottovalutate e richiedono cure mirate”.