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Greenpeace punta il dito contro le case di moda: “Inquinano fiumi in Cina”

ROMA – Si chiama “Toxic Threads: Putting Pollution on Parade” ed è il rapprto di Greenpeace International che denuncia le  fabbriche in Cina (comprese anche alcune che producono per le maggiori case di moda) che, secondo quanto appreso, riversano i loro reflui nei sistemi di depurazione comunale comprese sostanze chimiche tossiche.

Le indagini, condotte nelle due località di produzione tessile più importanti della Cina, Shaoxing e Linjiang, pubblicate il 5 dicembre, hanno rilevato significative quantità di sostanze chimiche pericolose sono state individuate in campioni d’acqua prelevati in fiumi cinesi che si trovano in prossimità dello scarico di reflui industriali delle fabbriche che riforniscono noti marchi come Levi’s, Calvin Klein e Gap.

“I campioni di acque di scarico sono quelli più contaminati da sostanze tossiche che abbiamo mai trovato durante la nostra campagna”, spiega Yifang Li, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Asia.

Greenpeace ha indagato su due dei più grandi depuratori comunali cinesi della provincia costiera di Zhejiang. Le analisi sui campioni d’acqua prelevati in prossimità degli scarichi degli impianti di depurazione di Shaoxing (il più grande in termini di capacità di lavorazione giornaliera della Cina) e di Linjiang hanno rivelato la presenza di sostanze chimiche tossiche cancerogene come aniline clorurate e alcuni derivati del benzene, e altre che alterano il sistema riproduttivo, come il nonilfenolo etossilato. Alcune di queste sostanze sono persistenti e bioaccumulanti.

I ricercatori di Greenpeace hanno raccolto testimonianze delle popolazioni locali i cui terreni e le cui acque sono state inquinate. Queste persone, spiega l’associazione, sono preoccupate per la loro salute e, pur risiedendo in una delle regioni più ricche di acqua della Cina, hanno dovuto richiedere al governo locale forniture di acqua potabile visto che la loro era inquinata. Molte case internazionali di moda, come Levi’s, producono nelle fabbriche che risiedono all`interno di queste zone industriali.

“Il rilascio di sostanze chimiche pericolose nei sistemi idrici, sia quando i vestiti sono prodotti, sia dopo con il lavaggio domestico dei prodotti venduti – spiega Greenpeace – può essere fermato solo con una rapida e trasparente eliminazione del loro uso nei processi produttivi. Per raggiungere l`azzeramento delle emissioni di sostanze chimiche pericolose entro il 2020, le case di moda devono richiedere ai loro fornitori di rendere pubblico quali e quante sostanze chimiche pericolose usano e rilasciano nell`ambiente, e quindi approntare un programma per la loro celere eliminazione dal ciclo di produzione, mediante la sostituzione con prodotti non impattanti”. Greenpeace continuerà la sua campagna “contro quei marchi che non si assumono la responsabilità per tutti gli anelli della loro catena di approvvigionamento”.

Claudia Montanari

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