Aborto, come farlo? Te lo spiega il sito Women On Web
19 Novembre 2014 - di Silvia_Di_Pasquale
AMSTERDAM – Aborto, come farlo? Te lo spiega “Women On Web”, il sito provocazione che fornisce indicazioni alle donne che vogliono interrompere la loro gravidanza, ma non possono farlo andando in ospedale perché nei loro Paesi l’interruzione volontaria di gravidanza è illegale o di fatto inaccessibile.
“Noi non intendiamo sostituirci al sistema sanitario, semplicemente coprire un buco in quei posti in cui le donne non possono esercitare i loro diritti”, spiega la fondatrice, l’olandese Rebecca Gomperts, che 20 anni fa è ricorsa all’aborto il prima persona.
L’idea di fondo è questa: una donna può gestire da sola un aborto, assumendo una specifica combinazione di farmaci: il misoprostolo, un gastroprotettore che fa contrarre l’utero, e il mifepristone (meglio noto come RU486). Qualora tali farmaci non fossero acquistabili nei Paesi in cui le donne che scrivono si trovano, uno dei consigli che viene dato loro è quello di recarsi in un altro in cui è possibile farlo.
Quando il progetto è nato nel 2006, l’obiettivo era quello di muoversi a bordo di una nave olandese, fermandosi al largo delle coste dei Paesi in cui l’aborto non è legale, far salire le donne a bordo e poi dare loro le pillole necessarie per abortire. Ciò è possibile perché un’imbarcazione che si muove in acque internazionali, sottostà alle leggi del Paese di cui batte bandiera.
“Quello che faccio non è mai illegale. Mi muovo su un confine, piego le leggi, non le infrango mai. Questo è un punto fondamentale, perché spesso il timore ci paralizza. Vale anche per l’aborto: nei Paesi in cui è illegale ci sono delle eccezioni in virtù delle quali viene praticato”, specifica Gomperts.
Quando una donna scrive al sito esponendo il suo problema, c’è un’operatrice pronta a risponderle. Non viene chiesto nessun esame, nessuna ecografia. Si va a fiducia. Se una persona chiede l’aiuto di Women On Web, viene dato per scontato che non stia mentendo circa le sue condizioni.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, le richieste non arrivano solo da Paesi in cui l’aborto è illegale, ma anche da quelli in cui non lo è, come l’Inghilterra e l’Italia. La consulenza non è a pagamento, ma è possibile fare delle donazioni volontarie. “(…) fino a quando riusciamo a sostenerci con i fondi che ci danno altri possiamo continuare la battaglia”, dichiara la fondatrice.