Aborto: legge 194 compie 40 anni, è tra le migliori al mondo
26 Marzo 2018 - di Claudia Montanari
ROMA – Aborto: legge 194 compie 40 anni, è tra le migliori al mondo. La legge italiana sull’aborto compie 40 anni quest’anno, e rimane tra le più valide al mondo, anche se sotto alcuni aspetti come l’eccesso di medici obiettori andrebbe migliorata. L’analisi, riportata da Ansa, è degli esperti del Guttmacher Institute americano, che hanno appena pubblicato un rapporto sull’accesso all’interruzione di gravidanza nel mondo.
Il nostro paese, si legge nel documento, fa parte di quelli che hanno le leggi meno restrittive sull’aborto. Contrariamente a quello che si può pensare, sottolineano gli esperti, a un maggiore proibizionismo non corrisponde un tasso minore, anzi.
Nei paesi dove è illegale ci sono in media 37 interruzioni ogni mille donne in età fertile, mentre dove è permesso 34 ogni mille.
“Le proibizioni – scrivono gli esperti – hanno invece l’effetto di aumentare il rischio di aborto non sicuro“.
Se la legge 194 è quindi sulla carta la migliore possibile sia per diminuire gli aborti, come dimostra il dato italiano di 6,5 aborti ogni mille donne, in continuo calo, che per garantirne la sicurezza, sull’applicazione, c’è più di qualche neo, sottolinea all’ANSA Katrine Thomasen del Center for Reproductive Rights, uno degli autori del rapporto:
“La legge impone un obbligo legale alle autorità di garantire alle donne l’accesso ai servizi. Tuttavia nella pratica spesso le donne hanno grandi difficoltà, c’è un numero insufficiente di personale non obiettore in molte regioni e strutture”.
La Legge 194, è la legge in vigore in Italia che ha decriminalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto. Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato.
Nel 1975 il tema della regolamentazione dell’aborto riceveva l’attenzione dei mezzi di comunicazione, in particolare dopo l’arresto del segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, della segretaria del Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (CISA) Adele Faccio e della militante radicale Emma Bonino, per aver praticato aborti, dopo essersi autodenunciati alle autorità di polizia. Sull’onda delle manifestazioni e delle proteste, della rivoluzione culturale e sessuale che stava coinvolgendo la società italiana, venne portata avanti la campagna abortista, che fu condotta dalla sinistra (PCI, PSI, PSDI), dai partiti liberal-capitalisti (PRI, PLI), e dal Partito Radicale.
Il 5 febbraio una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, direttore de L’espresso, presentava alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo di alcuni articoli del codice penale, riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia. Cominciava in questo modo la raccolta firme. Tra le forze aderenti figuravano Lotta continua, Avanguardia operaia e PdUP-Manifesto.