Adottato e abbandonato da genitori: “È gay, troppi problemi, non lo voglio”
17 Marzo 2014 - di Claudia Montanari
ROMA – Discriminato e abbandonato da tutti, compresi i genitori. La sua colpa? Essere un bimbo fragile ma, soprattutto, gay.
La triste storia di Luca, un ragazzino di 14 anni, ce la racconta Marida Lombardo Pijola su “Il Messaggero”. Luca è stato abbandonato due volte: dai genitori naturali a cui è stato sottratto in tenera età e dai genitori affidatari. Scrive Marida Lombardo Pijola:
“Luca – chiamiamolo così, sebbene il suo nome non sia questo – ha 14 anni, ed è davvero un gran bel ragazzino. Ha gli occhi e i capelli di velluto scuro, un sorriso larghissimo, lo sguardo liquoroso da cerbiatto, una passione smodata per la pizza ai wurstel, un’inclinazione omosessuale, e tutto il dolore che può contenere il cuore di un essere umano. Luca ha subito l’omofobia e il bullismo più feroce. Dai suoi coetanei? Certo, ovviamente, come sempre, ma non solo. Magari, dovrei dire. Luca l’omofobia e il bullismo li ha subiti, in modo obliquo, persino dai suoi stessi genitori affidatari. E per due volte, dai suoi genitori, ha subito l’abbandono”
Il ragazzo è stato oggetto di bullismo e di discriminazione da parte dei suoi coetanei perché omosessuale, ma quello che è ancora più grave è che lo stesso è stato fatto dai genitori:
“Due padri e due madri, in due differenti momenti della sua vita brevissima, lo hanno scaricato come un cagnolino di cui il padrone non vuol prendersi più cura perché sporca dà fastidio e abbaia e dà un sacco da fare e sono impicci.. “
Luca ha vissuto in orfanotrofio fin da piccolissimo, quando:
“quando è stato sottratto ai suoi genitori biologici, al clou di una di quelle storie disgraziate che possono trasformare la vita di un bambino nel buco nero di una quotidiana dannazione. Nel tempo successivo, Lucia e Nicola (nomi inventati pure questi), due brave persone sui quaranta, hanno voluto con ostinazione che Luca diventasse figlio loro. Hanno deciso che doveva assolutamente essere lui, così dolce timido carino, a colmare quel loro grande vuoto per non aver potuto avere figli naturali. Lucia e Nicola, purtroppo, hanno saputo dissimulare bene il loro non aver compreso affatto come dovrebbe funzionare esattamente in modo capovolto, in questi casi: erano loro, a dover colmare i vuoti di Luca, non l’opposto. Eppure, a chi doveva giudicare, sono sembrati adatti a diventare i suoi nuovi genitori. Capita a tutti, talvolta, di sbagliare”
Una nuova casa, una nuova vita per Luca:
“In un piccolo centro non lontano da una grande metropoli italiana…. E poi la nuova scuola.. e lui così dolce e timido e insicuro.. e lui confuso, ancora ferito nel profondo, preso a cercare il suo equilibrio, la sua identità sessuale.. e lui che anche nei gesti, nel modi, nel parlare, dimostra la sua disforia. E i compagni che cominciano a perseguitarlo a sbeffeggiarlo… e a casa non riesce ad esternare la sua disperazione, se non con il linguaggio della rabbia, l’unico conosciuto da chi non sa come si chiede aiuto, perché, suo malgrado, non conosce le istruzioni dell’amore”
Poi, quello che non dovrebbe mai accadere ad un bambino. Lucia e Nicola che lo riportano in casa famiglia. Come si fa con un capo difettato:
“Ci crea troppi problemi, non riusciamo a gestirlo, a scuola i compagni non lo accettano, tutti ci dicono ma chi ve lo fa fare?”.
Gli stessi genitori che lo hanno voluto con tanta forza e tanto desiderio di colpo gli hanno voltato le spalle. Scrive Marida Lombardo Pijola:
“Già, chi glielo fa fare, a un genitore, di fare il genitore? Che te ne fai, di un figlio che funziona male, di un figlio inceppato, complicato? Di un figlio che ti fa far brutta figura? Di un figlio che poi, alla fine, magari è persino omosessuale? E’ andata più o meno così, anche se tutti i dettagli di questa triste storia sono diversi da quelli reali, per la necessità di rendere Luca e i suoi mancati genitori non riconoscibili.
E adesso io sogno, caro Luca, che nella solitudine della tua non-casa non-famiglia qualcuno ti aiuti a governare il tuo incommensurabile dolore. Sogno cose talmente semplici e banali, caro Luca, che quasi mi vergogno a dire “sogno”. Sogno nient’altro che diritti, nient’altro che amore. Sogno dei genitori capaci di accoglierti, di amarti, di proteggerti, di aiutarti a crescere, a riconoscere e accettare ogni singola e comunque splendida sfumatura della tua personalità. Sogno due genitori che siano genitori, tutto qui.
E sogno che l’omofobia un bel giorno smetta di cadere come una mannaia sulla serenità delle persone, e che nulla del genere possa accadere più a nessun bambino, a nessun giovane, a nessun adulto, mai. Sogno che il mondo non sia questo, che sia molto diverso da così. Sogno che tu, mio caro Luca, sia stato solo molto, molto sfortunato. E che il destino possa risarcirti. E che tu riesca a dimenticare e a perdonare. E che tu possa affrancarti dal tuo fumetto con dentro un urlo muto, “non abbandonatemi”. Le fanno anche per i bambini, quel tipo di campagne? Non lo so”