Mamme: amniocentesi (e paura) addio, arriva l’esame non invasivo
15 Aprile 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – L’amniocentesi è da sempre uno degli esami che preoccupano di più le donne in gravidanza e, da ora, sembra che anche in Italia potrà diventare solo un ricordo. Il nuovo test di laboratorio per la diagnosi prenatale fatto con un semplice prelievo del sangue della made e basato sull’analisi del DNA del feto che circola nel suo organismo potrebbe infatti sostituire l’amniocentesi, l’estrazione chirurgica di una piccola quantità di liquido amniotico.
L’amniocentesi è un esame che viene fatto per verificare l’esistenza di anomalie fetali, ma è un metodo piuttosto invasivo e, alcuni studi, hanno anche dimostrato che provochi addirittura un aborto ogni 400 gravidanze.
Così il nuovo metodo di diagnosi prenatale per mezzo di un semplice prelievo del sangue è diventata realtà anche in Italia e, come si legge su “La Repubblica”: “Lo hanno già fatto tremila donne, arruolate in una sperimentazione che nel giro di un anno, o anche meno, potrebbe portare nel servizio pubblico un test semplice e indolore, destinato a rivoluzionare la diagnosi prenatale, tagliando patemi d’animo, ma anche spese per il sistema sanitario e una quota di business per i privati”.
Sottoposto a numerosi studi, l’esame ha dimostrato un’attendibilità superiore al 99% nel rivelare la trisomia 21 (Sindrome di Down) e rispettivamente del 98% e 80% nel rilevare le trisomie 18 e 13 (Sindrome di Edwards e Sindrome di Patau).
Presentato a marzo anche in Italia, gli esperti hanno giudicato l’esame un metodo “‘non invasivo, privo di rischi e avvallato dalla comunità scientifica internazionale”.
In effetti in Italia, si legge su “La Repubblica”: “Alcuni laboratori privati offrono già il servizio, ma quasi mai analizzano direttamente le provette bensì le inviano all’estero, soprattutto in Svizzera. La spesa per le pazienti va dai 1.500 euro in su“.
La vera novità è che adesso si sta muovendo in questa direzione anche il settore pubblico: in Piemonte e Toscana si effettuano già delle sperimentazioni in cui si affianca l’esame del Dna alle tecniche già in uso di diagnostica prenatale, il duo test (l’esame del sangue incrociato con i risultati di una ecografia specifica), la villocentesi e l’amniocentesi, per capire se questa nuova diagnosi veramente funziona e i risultati, almeno per il momento, sono positivi.
Gabriella Rostagno del Centro di riferimento regionale di genetica del Piemonte spiega a “Repubblica”: “L’esame del sangue eliminerà molti accertamenti inappropriati, cioè svolti da donne che non ne avrebbero bisogno. Si ridurranno così i costi per il sistema sanitario ma anche il rischio di abortività”.
Francesca Torricelli, direttore della genetica di Careggi e capofila del nuovo studio inter regionale spiega: “Ora ci limitiamo a studiare le anomalie numeriche dei cromosomi maggiormente frequenti, come appunto la sindrome di Down, più avanti passeremo alla ricerca mirata di patologie ereditarie familiari. Ovviamente non stiamo parlando di una caccia ai problemi nell’intero genoma. Ci muoviamo soltanto nell’ambito di malattie conosciute, e non di test di probabilità o suscettibilità”.