Protesta sindacale contro Anna Wintour, volto di Condé Nast. “Il Diavolo veste Prada, ma ai lavoratori nada”. Con questo slogan, scritto nel caratteristico carattere tipografico dei titoli del “New Yorker“, oltre cento dipendenti del settimanale più intellettuale d’America hanno marciato sulla casa di Anna Wintour in un tranquillo isolato di Greenwich Village. La protesta è nata a causa del lungo braccio di ferro che da due anni oppone la casa editrice Condé Nast ai lavoratori del New Yorker.
Giornalisti, correttori di bozze, fact-checker che ogni settimana 47 volte all’anno garantiscono un prodotto impeccabile ai suoi affezionati lettori. Alcuni poliziotti hanno assistito impassibili alla marcia che si è fermata davanti alla “townhouse” da mesi vuota di Anna Wintour a Sullivan Street. La proprietaria, che l’ha acquistata anni fa grazie a un prestito da 1,6 milioni di dollari senza interessi da parte dell’allora editore S.I. Newhouse, ha passato negli Hamptons i mesi del lockdown.
“Non si vive di solo prestigio” era un altro dei cartelli innalzati dai manifestanti pronti a fornire cifre per dimostrare che, come per altri lavori nel settore culturale, le retribuzioni non garantiscono un tenore di vita accettabile in una città dall’alto costo della vita come New York.
“Lavorare al New Yorker è un lusso che solo chi ha una famiglia abbiente alle spalle si può permettere”, ha spiegato Geneviève Bormes. Ha cominciato a occuparsi delle copertine cinque anni fa con una paga iniziale di 33 mila dollari all’anno.
C’è poi chi marciato per l’insicurezza del posto di lavoro. Molti al “New Yorker”, compresi collaboratori di prestigio, sono considerati freelance e non godono dei benefici previsti dalle leggi sul lavoro dipendente.
I dipendenti del “New Yorker” si sono organizzati in sindacato da quando due anni fa è cominciata la vertenza. In caso di sciopero la News Guild ha chiesto a tutti collaboratori di non consegnare i pezzi per impedire l’uscita della rivista. La protesta ha rappresentato una escalation. Condé Nast aveva cercato di bloccarla dichiarando “inaccettabile” e “illegale” il fatto che venisse presa di mira la casa di una vip ai vertici del gruppo.
Il “New Yorker” è l’unica testata Condé Nast che non risponde alla “regina della moda”. Ma Anna Wintour, immortalata nel 2006 da Meryl Streep nel film “The Devil Wears Prada”, è stata presa di mira perché agli occhi del mondo ne rappresenta il volto. La protesta è anche l’ultimo episodio di contestazione nei confronti di Anna Wintour che l’anno scorso ha fatto un raro mea culpa per aver discriminato giornalisti, fotografi e stilisti di colore.
Le critiche non avevano tuttavia fermato l’ascesa apparentemente inarrestabile della direttrice di “Vogue”. Lo scorso dicembre è emersa vincitrice in un riassetto ai vertici con due nuovi titoli – responsabile dei content worldwide e direttrice globale di “Vogue” – che le danno l’ultima parola su quanto viene scritto in oltre trenta mercati del mondo.
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