Bambina affidata a due mamme gay: giusto o sbagliato?
18 Novembre 2013 - di Claudia Montanari
GENOVA – Ha due mamme omosessuali e “cinque anni di vita felice”. Marta (nome di fantasia della piccola -ndr-) ora ha 10 anni e quando ne aveva 5 era Paola ad occuparsi di lei. Non la sua vera mamma ma la sua vicina di casa. Era Paola ad accudirla, con i veri genitori di Marta che erano una coppia in seria difficoltà, con problemi per i quali gli assistenti sociali, chiamati spesso dalla stessa Paola, erano più volte dovuti intervenire. Fino alla decisione finale: togliere Marta ai veri genitori ed affidarla a Paola, la vicina di casa che da sempre ha badato alla piccola.
La travagliata storia di Marta con un lieto fine la racconta Marco Preve su la Repubblica. Una storia inizialmente drammatica e triste, che ha avuto risvolti felici solo grazie ai giudici, che hanno badato al bene della piccola, e a Paola.
Resisi conto che i veri genitori di Marta non erano proprio in grado di badare alla piccola, gli assistenti sociali hanno iniziato a cercarla una nuova famiglia. E chi se non Paola poteva essere la “mamma” migliore?
“Ma il giorno in cui è stata convocata per la pratica di affido, Paola ha voluto chiarire una circostanza che riteneva importante: “Voglio che sappiate che io ho una relazione con una donna con la quale convivo da tempo”.
Non fu un’informazione insignificante per i giudici e gli psicologi, perché nel momento in cui un bambino viene trasferito ad un’altra famiglia devono essere analizzati tutti i fattori potenzialmente traumatici, quelli che rappresentano un cambiamento significativo rispetto alla situazione originaria. Quindi una città diversa, consuetudini mutate, altri bambini presenti nel nuovo nucleo, e anche le abitudini, il carattere e lo stile di vita del genitore affidatario”.
In questi giorni la decisione finale del Tribunale, che ha ufficialmente affidato Marta a Paola e alla compagna di vita:
“La bambina, che ha ormai dieci anni, ha un’ottima intesa affettiva con la coppia lesbica con cui vive in quello che è un affidamento reversibile. Ossia, nel momento in cui la madre naturale dovesse ritrovare il suo equilibrio, nonché una minima indipendenza economica, potrebbe riprendersi la figlia”.
Insomma, come scrive Preve su Repubblica,
“dopo una storia famigliare tormentata, dai resoconti delle assistenti sociali, sembra che Marta sia riuscita a recuperare una serenità, che appariva seriamente compromessa, grazie all’affetto e alle attenzioni di due genitori dello stesso sesso”.
Questa vicenda ha suscitato molte reazioni e polemiche. Di certo ha segnato una svolta nei diritti civili. A differenza dell’adozione, per la quale la legge italiana parla espressamente di coppia sposata, per l’affidamento la nuova famiglia temporanea può essere una famiglia tradizionale, meglio se con altri figli in casa, ma anche una ‘comunità di tipo familiare’, formata da due persone che assolvono alla funzione di genitori, o un single. Non ci sono voci specifiche sull’ipotesi di una coppia omosessuale.
Tuttavia la notizia ha riacceso un dibattito molto sentito in Italia: è giusto o sbagliato far crescere un bambino in un ambiente famigliare in cui il papà e la mamma siano entrambi dello stesso sesso? E ancora, è più giusto “sbattere” il bambino in altri contesti famigliari di cui il piccolo non sa nulla o lasciarlo crescere con individui, di qualsiasi genere, che per lui rappresentano già dalla nascita un punto di riferimento?
Il dibattito è aperto…