Macao occupa Palazzo Citterio

Per capire Macao un blog (satirico) della Madonnina

21 Maggio 2012 - di marina_cavallo

MILANO – Forse per cercare di capire cosa sia successo e cosa sta succedendo a “Macao” può essere utile la lettura di questo intervento di Umberto Ego sul blog satirico “I hate Milano”: contiene molte più verità di tanti articoli pubblicati sui quotidiani più “accreditati”.

Invio questo intervento al blog per chiarire alcuni fatti, da una prospettiva assolutamente neutra: con l’età che ho, sono troppo vecchio per essere emotivamente coinvolto in un senso o nell’altro.

 

Ma di che si lamentano? Pisapia gli ha offerto l’Ansando!

 FALSO. Il sindaco non ha offerto nulla. Dopo una settimana, ha solo ribadito in assemblea quanto già detto sui giornali. Ha chiesto a Macao di darsi una forma giuridica (leggasi: un legale rappresentante, un numero di partita IVA) per poter partecipare a un bando sull’assegnazione di alcuni spazi nella fabbrica ex Ansaldo di via Tortona. E’ una proposta bizzarra, che sembra figlia di una concezione del “concorso pubblico” decisamente italiana.

 Una sorta di ossimoro. E non solo perché chiedere a Macao di darsi una forma giuridica, dopo soli 10 giorni, è un po’ la negazione stessa di Macao. Il bando infatti è già aperto da mesi, alcune associazioni si sono già presentate e stanno aspettando di sapere se hanno vinto. Macao avrebbe forse una corsia privilegiata? E sulla base di cosa? Di un’occupazione, cioè di un atto illegale? Se così fosse sarebbe un uso dei “bandi pubblici” molto strano, ad associazionem diciamo. E si farebbe una reale scorrettezza a danno di quelle associazioni che hanno partecipato al bando, vincendolo o perdendolo, nei tempi stabiliti.

 E se al contrario, la corsia privilegiata non c’è, che tipo di proposta è? Aver ricordato la presenza di un bando significa aver provato a dialogare? Allora tanto vale non dialogare, e dirlo chiaramente. Sarebbe stata una scelta chiara, e assolutamente legittima.i

 Chi pensava, o pensa, di riconoscersi in questi principi, ha dato il suo appoggio all’iniziativa. Poi che gli occupanti abbiano fatto una serie infinita di errori è indiscutibile. Cito a casaccio: continuare a cercare padrini politici sottobanco per poi rivendicare autonomia in pubblico; chiedere l’appoggio di vip e pseudo vip, interessati solo alla visibilità personale (un nome su tutti: Dario Fo. Chi lo conosce, sa bene quale sia il modus operandi. Guardacaso, proprio in questo momento ha una bella mostra di dipinti a Palazzo Reale, ennesimo tentativo di sfruttamento del brand “Mistero Buffo”. Guardacaso, appena ha intuito che i ragazzi di Macao non avevano nessuna intenzione di eleggerlo loro leader maximo ha subito ritrattato con dichiarazioni pubbliche personali e piuttosto pesanti); dar vita ad assemblee “cubane” lunghe ore e ore, con voti “per alzata di mano”, con frasi tipo “votiamo se votare”; occupare una strada per 4 giorni e impedire alla gente di lavorare.

Questi però sono errori delle persone, logorate da una situazione che nemmeno loro si aspettavano, e su cui si può discutere a vita. Quando il saggio indica il trentunesimo piano, dilungarsi sulle contraddizioni dell’indice del saggio va fatto forse in un secondo tempo.

 

 – A proposito di trentunesimo piano! dovevano occupare altrove, uno spazio pubblico magari, non un edificio privato!

 FALSO. Quanti di voi sapevano che in centro a Milano, Ligresti dispone di un grattacielo vuoto, dismesso e pieno di amianto? E ‘ una notizia di un certo interesse, che ha rilanciato nel dibattito pubblico il tema degli spazi sottratti ai cittadini dalla speculazione edilizia. Se avessero occupato altrove, questo tema che adesso pare diventato la ragion d’essere dell’amministrazione – totalmente ignorato dall’amministrazione stessa fino all’occupazione di Macao – non sarebbe esistito. L’aver occupato la proprietà privata di Ligresti ha certificato sicuramente il carattere effimero dell’azione, ma ha avuto un peso politico e culturale enorme, non preventivato, con ogni probabilità, nemmeno dallo stesso Macao.

 

– Dovevano occupare in periferia!

 FALSO E VERO. Per quanto riguarda la Torra Galfa, vale la risposta di prima. Per quanto riguarda la seconda occupazione invece, bè, diciamo che questi di Macao sembrano avere un talento impressionante nel complicarsi la vita. Intanto, sarà curioso capire come proteggeranno i numerosi affreschi di interesse storico del palazzo. Ma soprattutto come si difenderanno – adesso che la faccia di Ligresti non c’è più – dall’accusa di volere solo spazi “comodi” e centrali: a giudicare dal fine gusto immobiliare, sembra quasi che dietro tutto l’operazione ci sia Ricucci.

 

– Pisapia non poteva fare niente per evitare lo sgombero.

 FALSO. Qualcosa avrebbe potuto fare. Non tanto per evitare quanto per rallentare. Sarebbero stati gesti clamorosi, estremamente rischiosi e che si sarebbero prestati, in futuro, a sicure strumentalizzazioni politiche. Ma la possibilità, in teoria, ci sarebbe stata. Non averla voluta nemmeno esplorare è stata una precisa scelta: condivisibile, comprensibile, ma comunque una scelta. Non un obbligo. E’ una differenza importante.

 Stupisce comunque la rapidità dell’intervento della polizia, sconosciuta per tutti gli altri casi di occupazione abusiva in atto in Italia, a partire dal famoso stabile di Viale Montello 6.

 

– Quelli di Macao sono radical chic miliardari/punkabbestia fankazzisti.

 Questo è stato l’aspetto più divertente. Il collettivo di Macao è stato accusato su internet e da sinistra di essere composto da figli di papà “col Mac”. Da destra, di essere nient’altro che “i soliti centri sociali di Pisapia”.

 La verità è che dentro Macao c’è stata e c’è una grandissima varietà umana (e canina). Per esempio, ai tanti dei “sti radical chic che giocano all’occupazione” sarebbe bello chiedere che ne pensano del fatto che fin dall’inizio, ad ogni assemblea e fino a ieri sera a Palazzo Citterio in Brera, a Macao abbia fatto bella mostra di sé il sempre verde Franz del Bulk, giacchetta di pelle nera in vista e tutta la sua numerosa compagnia di giro intorno, che nonostante i 40 anni suonati ha ancora voglia di “alzare la mano” e “prendere la parola”. O che le pareti della Torre fossero cosparse delle onnipresenti tag dei writers dei CTO, che certo radical chic non sono e che a quanto pare avevano fatto di Macao il loro quartier generale.

 Certo, ci saranno stati anche figli di papà, figli di miliardari e perché no? Pure figli di mignotta. Ma un’etichetta sola non basta e non bastava certo a restituire il tutto, e per questo si è cercato sempre di invitare le persone a non fidarsi di internet, facebook, blog eccetera eccetera e di vedere di persona. Certo, sempre che uno fosse interessato alla realtà. Ma come spesso accade il principio non è mai “vedere per credere”. Semmai il contrario: credere, e vedere di conseguenza.

 

 – Ho cercato di capire cos’è Macao ma non ho capito niente.

VERO. Questo è l’errore di cui si parlava prima. Il “tavolo video”, o il “tavolo fotografia”, o il “tavolo comunicazione”, insomma chi ha deciso e ha realizzato l’informazione prodotta da Macao su se stesso sembra aver lavorato per confermare, nel modo più rigoroso possibile, tutti i luoghi comuni e gli stereotipi che via via si creavano sulla rete. Finendo per rafforzarli fino al parossismo, in un circolo vizioso che a volte è sconfinato nel macchiettismo puro. Già solo il fatto di aver parlato di continuo di “tavoli”  è stato leggermente comico. Ma le foto dei due che limonano “sotto le stelle”, le ragazze con le gonne a fiori e i gessetti colorati, i video con i salentini-guru che utilizzavano locuzioni impegnative anche per Vendola, l’iconografia da Parco Sempione anni ’90…questo ha stupito davvero: l’ingenuità della forma. La banalità della rappresentazione. In palese contrasto da quello che era invece il percepito di chi ci era entrato. Andava bene la poetica, ma è mancata completamente una dimensione concreta che invece era il carattere peculiare dell’intera azione.

Insomma, un groviglio di contraddizioni dinamico e vivo, in buona parte diverso da quello che si era visto prima a Milano è stato rappresentato con un linguaggio morto, acritico, preso a prestito dalla metà degli anni ’90.

 

 Hanno tutti il Mac!

VERO. Eh si. Hanno tutti il Mac. Del resto, se la Apple ha in cassa 81 miliardi di dollari, ‘sto Mac un po’ diffuso lo è davvero.