Como: sequestro jeans contraffatti. Salute e economia in pericolo
15 Luglio 2013 - di Claudia Montanari
COMO – 20 mila jeans da donna contraffatti importati ad un prezzo di 80 centesimi l’uno.
Un nuovo sequestro dalla Guardia di Finanza sulla rotta Svizzera – Italia. I jeans, su cui compariva il marchio “Dsq Dsqueen”, riproduzione illegale del marcho di una famosa casa di moda italiana, erano nascosti su un Tir frigorifero dalla Fnanza alla dogana commerciale di Ponte Chiasso in provincia di Como. I prodotti erano stati sdoganati in Germania da una società inglese che aveva concluso la transazione con due società romane, amministrate legalmente da due cinesi, denunciati.
L’accusa della Gdf è quella di introduzione e commercio di prodotti con segni fasulli. Sono in corso accertamenti per verificare che la composizione dei jeans sequestrati (materiale e tinte) non sia pericolosa per la salute degli acquirenti. I jeans erano prodotti in Cina e importati al prezzo di 80 centesimi l’uno, somma davvero irrisoria per un paio di jeans.
Enza Cusmai scrive su il Giornale:
“La cosa strabiliante, però, è che ogni capo, rigorosamente prodotto in Cina, è stato importato al prezzo di 80 centesimi ciascuno, somma aumentata di qualche centesimo nel passaggio della merce tra Inghilterra e Italia. Forse si arriva a 90 centesimi e abbondiamo pure ad un euro. Ma sempre di un euro si tratta. Il costo di una tazzina di caffè.
Com’è possibile che un capo di abbigliamento nuovo, identico a quello griffato possa essere smerciato al prezzo di niente? E cosa sarà costato all’origine? Cinquanta centesimi? E allora quale sarà la paga dell’operaio (forse bambino) che l’ha confezionato? Che materiale sarà stato usato? O peggio, che prodotti chimici saranno stati maneggiati per tingere il tessuto?
Gli interrogativi sono inquietanti per non parlare di quanto sia destabilizzante veder circolare merci a così basso costo per il settore tessile nostrano già alla frutta”
Con l’attuale crisi, scrive Enza Cusmai,
“al consumatore già in bolletta, non frega niente dello sfruttamento della manodopera, dell’inquinamento in Cina o della contraffazione. Al lui interessa acquistare i jeans griffati (anche clamorosamente falsi) a prezzo basso, tipo dieci euro e se costa cinque meglio ancora. Li sceglie al mercato e li porta a casa soddisfatto e orgoglioso di aver fatto un buon affare. Ignaro di quello che può succedergli quando li indossa”
Ma non è tutto oro quel che luccica. Dietro ad un paio di jeans contraffatti possono nascondersi insidie anche per la salute:
“I jeans contraffatti, per esempio, sono spesso trattati con sostanze chimiche non idonee al contatto con la cute umana e possono dare origine a fenomeni allergici o di intossicazione. Un esempio solo le ammine aromatiche, sostanze liberate dai coloranti durante le fasi produttive ed il successivo utilizzo dei capi d’abbigliamento. Queste ammine, assorbite a livello cutaneo, sono ad effetto cancerogeno soprattutto nei confronti della vescica. Secondo la CNA Federmoda, già nel 2005 oltre Il 50% dei prodotti presenti sulle bancarelle era contaminato da questa sostanza, che risulta essere abbondante nei capi di colore nero. E di sicuro nel 2013 la situazione non può che essere peggiorata”