covid-19, spiegato perché gli uomini più colpiti delle donne

Covid-19: uomini più colpiti delle donne, spiegato il motivo

2 Aprile 2020 - di Claudia Montanari

ROMA – Gli uomini sono più colpiti da forme aggressive di Covid-19 rispetto alle donne: alcune evidenze scientifiche sembrano confermarlo e ne dimostrano il motivo. Marina Ziche e Amelia Filippelli dell’Unità di crisi della Società italiana di farmacologia (Sif) su SArs-CoV-2 confermano che gli uomini sono più vulnerabili delle donne al Covid-19 e che “adesso abbiamo dati per confermarlo: l’enzima che il virus sfrutta per entrare nelle cellule è più espresso nell’uomo“.

“Le donne, forse per ragioni evolutive, sono naturalmente più forti nei confronti delle infezioni. E non dimentichiamo – spiegano le esperte in una nota – che la donna ha due cromosomi X, uno in più rispetto all’uomo, e molti dei geni legati all’immunità si trovano proprio sui cromosomi X, fornendole il doppio di queste risorse. Infine, gli ormoni sessuali: il testosterone, ormone sessuale maschile, è generalmente un immunosoppressore, mentre gli estrogeni, importanti ormoni regolatori sessuali femminili, tendono a essere immunostimolanti”.

Che gli uomini siano più vulnerabili delle donne al Covid-19 è stato dimostrato anche da un recente studio, effettuato tra gennaio e febbraio 2020, analizzando 4880 soggetti asintomatici o sintomatici per la patologia respiratoria nell’ospedale di Wuhan, in Cina. Dall’analisi è emerso che la positività al Covid-19 nei soggetti maschi e con più di 70 anni presentava tassi significativamente più alti, sebbene solo l’età fosse stata riconosciuta come fattore di rischio.

Anche i dati italiani sembrano confermare questo trend: il report dall’Iss che raccoglie i dati italiani fino allo scorso 24 marzo su Covid-19 evidenzia come i maschi rappresentino il 57,8% degli infetti e le femmine il 42,2%. Non solo: esaminando i numeri di decessi e le fasce di età la differenza di genere diventa ancora più evidente: il 70,9% sono maschi mentre le femmine sono il 29,1% e con una media di età di 78 anni negli uomini rispetto agli 82 delle donne.

A questo punto non sembra esserci dubbio che, come spiegano le esperte, esista “una questione di genere che non deve essere disattesa nell’affrontare questa pandemia. Come interpretare questi dati e cosa ci suggeriscono rispetto alle strategie terapeutiche e di prevenzione? Gli anziani sono più vulnerabili e, nei piani sanitari nazionali, questa fragilità è alla base delle campagne vaccinali che ogni anno cercano di prevenire le evoluzioni infauste delle sindromi influenzali” […] “L’analisi dell’Iss ha mostrato che gli uomini avevano un tasso di mortalità significativamente più alto, e manifestavano una sintomatologia peggiore, indipendentemente da età, sintomi e comorbilità, rispetto alle donne. Quindi gli uomini, soprattutto se anziani, sono più vulnerabili delle donne alle infezioni virali e alle loro evoluzioni negative”-

Il virus entra nelle cellule bersaglio utilizzando l’enzima di conversione dell’angiotensina II (Ace2), localizzato sull’endotelio dei capillari polmonari da dove svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della pressione arteriosa. Ace2 è più espresso negli uomini rispetto alle donne. “Non si esclude che questa significativa differenza, mantenuta tra popolazioni di diversi Paesi, possa essere legata anche a diverse abitudini e stili comportamentali come il fumo”, si legge nell’analisi Sif. Infine “i dati ci confermano che questo ceppo di coronavirus predilige i maschi e specifiche fasce di età, manifestando una chiara indicazione di genere che merita grande attenzione mentre si stanno sperimentando farmaci e vaccini”.

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