Donne Islam, burqa e niqab vietati in ospedali e uffici: delibera

Donne Islam, burqa e niqab vietati in ospedali e uffici: delibera

10 Dicembre 2015 - di Claudia Montanari

MILANO – Donne Islam, burqa e niqab vietati in ospedali e uffici: delibera. Vietato l’ingresso negli ospedali e negli uffici pubblici alle donne coperte con burqa e niqab. La delibera, che interessa la regione Lombardia, ha l’obiettivo di far rispettare delle leggi di sicurezza e non solo che già esistono ma che non vengono sempre adeguatamente applicate. Vietati burqa e niqab, che coprono completamente il volto. Continueranno invece ad avere accesso libero alle strutture sanitarie e uffici pubblici le donne che indossano hijab, khimar e chador, visto che questi indumenti non coprono il volto. Si legge su La Stampa:

“Il testo richiama la legge nazionale già in vigore, che vieta appunto di girare senza poter essere riconosciuti, ma il fatto di aver inserito il richiamo in un regolamento consentirà agli addetti ai controlli di non far entrare chiunque indossi caschi o anche abiti tradizionali che indossano alcune donne musulmane, benché burqa o niqab non siano espressamente citati. «Abbiamo adeguato il regolamento e ora chi controlla gli ingressi potrà non far entrare chi si presenta con il volto coperto», ha confermato Maroni”.

Come si legge sul Corriere della Sera, Simona Bordonali, assessore regionale alla sicurezza, ha spegato:

“«Tutti dovranno essere riconoscibili, abbiamo semplicemente reso attuativo l’articolo 5 della legge Reale del 22 maggio 1975». Nella pratica, i dirigenti sanitari dovranno adeguare tutte le strutture per fare in modo che tutti gli ospiti siano riconoscibili. Come? «Decideranno le singole strutture, noi abbiamo adeguato il regolamento a una legge nazionale. I soggetti dovranno essere identificati e, se presente, si procederà all’eventuale rimozione del velo integrale»”.

I divieti non riguardano solo gli ospedali ma anche le sedi Arpa e Aler, ovvero:

“Le sedi delle società partecipate in modo totalitario dalla Regione (Finlombarda S.p.a, Infrastrutture Lombarde S.p.a, Lombardia Informatica S.p.a, Azienda regionale centrale acquisti S.p.a, ARCA S.p.a), gli enti dipendenti ( Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, Ente regionale per i servizi dell’agricoltura e delle foreste, Istituto Superiore per la Ricerca, la Statistica e la Formazione) e dell’ Aler, Aziende Lombarde per l’edilizia residenziale. Con la delibera la giunta guidata da Maroni «demanda alle competenti strutture regionali, ai sensi dell’art. 8 del R.R. n. 6/2002, l’adozione, entro il 31/12/2015, degli atti dirigenziali necessari a dare attuazione alla disposizione di cui al punto 1., da applicarsi in tutte le sedi del Sistema regionale (SiReg)». Il divieto scatterà dunque in tutte le strutture di competenza regionale”.

Come si legge sul Corriere, la legge esiste già ma viene facilmente aggirata in quanto vieta di presentarsi in pubblico mascherati “senza giustificato motivo”:

“Un’eccezione che ha salvato il velo: la religione, fino a oggi, è stata considerata una giustificazione dalla giurisprudenza. Per la giunta regionale lombarda, che ha votato all’unanimità la delibera, la religione non basterà più. «Le tradizioni o i costumi religiosi non possono rappresentare giustificati motivi di eccezione ai sensi dell’art 5 della legge 152/1975 rispetto alle esigenze di sicurezza all’Interno delle strutture regionali – si legge nella delibera – trattasi di raccomandazioni, peraltro, coerenti con le vigenti norme nazionali. Nello specifico, l’art. 85 del Regio Decreto 773/1931, che recita: “E’ vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da euro 10 (lire 20.000) a euro 103 (200.000). E’ vietato l’uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto. Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con la sanzione amministrativa da euro 10 a euro 103”».

Fabio Rolfi, vicecapogruppo della Lega Nord, ha spiegato:

«Questa esigenza nasce da una crescente presenza di donne di religione islamica, con velo integrale, che rende impossibile il riconoscimento immediato di questi soggetti. Alla luce dei recenti accadimenti che hanno sconvolto l’Europa non possiamo permetterci nessun genere di leggerezza, ma soprattutto non intendiamo accettare che siano consentite pratiche religiose antitetiche con la nostra cultura e che possano, potenzialmente, mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini».

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