Donne sempre più lavoratrici ma… pagate meno degli uomini
21 Maggio 2015 - di Claudia Montanari
ROMA – Sempre più donne in Italia lavorano e mandano avanti la famiglia, tuttavia il gap di genere sulla retribuzione non cala. La fotografia del nuovo rapporto Istat è chiara: la quota di famiglie in cui la donna lavora o addirittura è l’unica ad essere occupata “continua ad aumentare”. Nel 2014 la percentuale ha raggiunto il 12,9%, pari a due milioni 428mila nuclei. Ci si fermava al 12,5% nel 2013 (due milioni 358mila). Nel 2008 erano invece solo il 9,6% (un milione 731mila).
Ma quali sono le ragioni di questa inversione di tendenza, che vede le donne sempre più “capofamiglia”? Valeria Arnaldi sul Messaggero spiega la questione:
“A “favorirle” sul lavoro, non sarebbe soltanto una buona preparazione, cresciuta negli anni, ma anche il diverso trattamento economico. Gli uomini guadagnano di più – in media il 7,2% secondo l’Osservatorio di JobPricing – e, dunque, in tempo di crisi, le donne gravano meno sulle casse di aziende e imprenditori. E calcolando che, tra 2007 e 2014, le retribuzioni contrattuali sono cresciute in termini reali dell’1,7%, diminuendo, di fatto, dell’1,1%, è facile pensare che se tutte guadagnano meno, molte guadagnano troppo poco. Il divario tra le retribuzioni maschili e femminili si fa ancora più accentuato nelle posizioni più alte, per l’accesso alle quali, però, il rapporto menziona una sorta di “soffitto di cristallo”, che terrebbe le donne alla larga dalle stanze dei bottoni, con relativi bonus. Decisamente più presenti sono, invece, in ben diverse modalità lavorative. Il 32,2% degli oltre quattro milioni di lavoratori a tempo parziale è costituito da donne. E sono donne, in circa due terzi dei casi, i 751 mila occupati esposti alla cosiddetta doppia vulnerabilità, atipici e part timer involontari, ossia persone che avrebbero voluto un lavoro a tempo pieno ma si sono dovute accontentare del parziale in mancanza di opportunità. Un fenomeno quello del part time che, in costante crescita dall’inizio della crisi, nella sua forma involontaria ormai coinvolge il 63,6% dei part timer”
Il problema della crisi, tuttavia, coinvolge tutti non solo le donne:
“Il 75,5% dei laureati lavora, per i diplomati il tasso di occupazione scende al 62,6% e per i meno istruiti al 42%. Sarà anche per avere maggiori possibilità che il livello di istruzione del Paese si sta alzando: il 35,6% dei residenti con più di quindici anni ha un diploma, il 12,7% una laurea, dato quest’ultimo che sale al 13,5% per le ragazze. E tra i più i giovani il divario uomo-donna, nella preparazione, vede favorite proprio le seconde. A quattro anni dalla laurea, l’85% dei dottori di ricerca svolge una professione intellettuale, scientifica o comunque, di elevata specializzazione. Il dato non basta a frenare la fuga dei cervelli. Il 12,9% dei dottori di ricerca vive all’estero, in sensibile aumento rispetto al 7% di 2004 e 2006. Questione di prospettive che per i gli under 35 sembrano essere sempre meno. Se per gli over 55 si registra un aumento dell’occupazione pari all’8,9%, si osserva invece una contrazione del 4,7% per gli under 25 e del 2,9% per gli under 35. Così i giovani hanno meno prospettive, le donne più opportunità che spesso, però, pagano molto care. Oltre un terzo delle vittime di omicidio volontario è donna. Il 42,5% è stato ucciso dal partner o dall’ex. Tra le cause anche questioni economiche o di interesse”