Femminicidio: è possibile prevenire?
14 Luglio 2014 - di Claudia Montanari
ROMA – I dati parlano chiaro: nel primo bimestre del 2014 sono stati 68 i così detti femminicidi, che hanno visto coinvolte donne delle età e delle condizioni socio culturali più disparate, e ovviamente altrettanti uomini, spesso ex mariti o fidanzati, a volte anche semplici conoscenti o spasimanti.
Malgrado l’informazione e gli organi competenti si stiano sempre più massicciamente occupando di quella che è diventata una vera e propria piaga sociale, la violenza degli uomini sulle donne non accenna a diminuire e, se si contano anche le denunce per stalking e molestie, possiamo solo constatare di assistere ad un fenomeno di allarmante gravità, nel quale sembra ed è sempre più complesso trovare delle soluzioni definitive e chiare.
Una cosa però appare certa, e cioè che l’unica arma efficace contro la violenza è la prevenzione, che molto spesso coincide con una più profonda consapevolezza di sé e di chi ci circonda; non si tratta ovviamente di un processo né scontato né semplice, ma si rende tuttavia indispensabile se non si vuole finire sulle pagine della cronaca nera, destinate sempre più a raccontare tante storie diverse ma dall’epilogo tragicamente simile.
Ma come si può capire che l’uomo che abbiamo accanto è un violento? E quali sono i campanelli d’allarme che in nessun modo dovremmo ignorare?
Paola Vinciguerra, psicoterapeuta e presidente Eurodap ( associazione europea per disturbi da attacchi di panico) ha messo in luce alcuni comportamenti che, in qualsiasi circostanza, dovrebbero farci capire che l’uomo che abbiamo accanto non è quello giusto e che dovrebbero farci allontanare al più presto. Vediamone alcuni:
– Aggressività fisica e/o verbale: anche uno spintone è un gesto violento che non andrebbe mai sottovalutato, indipendentemente dalle circostanze in cui avviene. Lo stesso discorso vale per le offese ripetute e naturalmente per le minacce verbali, che in qualunque momento potrebbero trasformarsi in realtà.
– Atteggiamenti denigratori: le critiche continue, le offese riguardo l’aspetto fisico o il lavoro e il sarcasmo in generale parlano di una dinamica di relazione potenzialmente pericolosa, perché pongono la donna in uno stato di inferiorità psicologica, e l’uomo in una condizione di “padrone” e il conflitto prima o poi diventerà inevitabile.
– Abuso di alcol e/o sostanze stupefacenti: gli uomini potenzialmente violenti e quindi pericolosi spesso sono dei bevitori o dei frequentatori di droghe. Non è necessario che ci sia una vera e propria dipendenza da alcol o sostanze stupefacenti perché scatti l’allarme; è sufficiente che questo accada anche solo qualche volta perché si possa manifestare una situazione di pericolo.
– Il machismo: un uomo portatore di una cultura maschilista, in cui alla donna non è concesso nulla ma al contrario all’uomo ogni cosa è permessa, potrebbe diventare facilmente anche un compagno violento, oppressivo e dannoso.
Come mai poi, anche quando capiamo che l’uomo che abbiamo accanto non è quello giusto non riusciamo a lasciarlo?
È qui che si inserisce la responsabilità delle donne, spesso “ree” di non sapere dire di no ad un uomo prepotente e aggressivo, che credono capace di cambiare quando sarà solo la loro vita a farlo. La Vinciguerra, così come la maggior parte degli psicologi, sostiene che nelle donne c’è spesso un problema di autostima, che impedisce loro di abbandonare un uomo distruttivo anche quando le violenze e i maltrattamenti diventano all’ordine del giorno.
La cura a tutto ciò, oltre che i necessari e tempestivi interventi da parte degli organi di Stato e delle forze dell’ordine, è nel coltivare un amore sano verso se stesse, e nel non aver paura di chiedere aiuto se necessario: è la nostra vita e non si può dimenticarlo.