Figli adottivi, sentenza Cassazione: “Via divieto di conoscere nome di madre”
25 Novembre 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – La legge italiana parla chiaro: è vietato, per i figli adottivi, conoscere l’identità dei genitori naturali. Eppure, una nuova sentenza della Corte di Cassazione ha aperto uno spiraglio per tutti quei ragazzi e adulti che condividono il sogno di voler conoscere la mamma che li ha partoriti: “L’irreversibilità del segreto sull’identità della madre biologica deve essere rimossa” recita la sentenza.
A scriverlo è Margherita De Bac sul Corriere della Sera che, in merito alla delicata questione sulle adozioni e figli adottivi, aggiunge:
“I giudici sottolineano inoltre la necessità che venga raggiunto un equilibrio tra i diritti dei due individui. In pratica, se un ragazzo maggiorenne o una persona adulta chiedono di risalire alle origini biologiche, la madre deve essere almeno interpellata in modo da poter revocare l’anonimato, chiesto quando aveva deciso di rinunciare al bambino”.
Questa sentenza depositata il 22 Novembre 2013 è un segnale di svolta:
“Fino a oggi i nostri tribunali, in base alle norme in vigore dall’83, hanno respinto i ricorsi degli aspiranti alla reversibilità del segreto. Un ostacolo che sbarra la strada ai bambini di origine italiana e che dovrebbe essere invece removibile per gli stranieri. Questa almeno è l’interpretazione di Marco Griffini, presidente di Aibi, associazione impegnata nell’adozione internazionale: «Se la legge del proprio Paese consente di accedere ai dati dei genitori, il problema non esiste e i nostri giudici non si possono opporre. Però secondo noi non sono questi i casi di cui dovremmo preoccuparci perché non sono frequenti. Dietro la richiesta di cancellare il segreto si annida di solito una difficoltà irrisolta con la famiglia adottiva. Potrebbe significare non aver accettato del tutto l’abbandono. Apprezziamo comunque le conclusioni della Corte»”.
Questa sentenza, la numero 278, nasce tuttavia da una storia molto particolare. Si legge sul Corriere della Sera:
“In effetti nasce da una storia molto particolare la decisione della Consulta, alla quale si è affidato il Tribunale di Catanzaro. Una signora di cinquant’anni ha scoperto solo durante la causa di separazione di non essere nata dalle due persone che aveva sempre chiamato mamma e papà. Loro avevano scelto di non raccontarle la verità malgrado la bambina fosse stata adottata quando aveva sei anni. La donna ha sostenuto che il fatto di essere all’oscuro del suo passato le aveva creato danni e condizionamenti, fra i quali anche quello di limitare la diagnosi e la cura di alcune patologie la cui esistenza può essere determinata da precedenti familiari impossibili da rivelare ai medici. Il relatore della sentenza, Paolo Grossi, specifica a tale proposito che «il relativo bisogno di conoscenza da parte del figlio rappresenta uno di quegli aspetti della personalità che possono condizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita di relazione di una persona in quanto tale». La scelta dell’anonimato, in altre parole, non deve essere cristallizzata e estranea a qualsiasi altra opzione”.