La figlia che non doveva nascere: per genitori è un danno, chiesto risarcimento
7 Agosto 2015 - di Claudia Montanari
ROMA – La figlia che non doveva nascere: per genitori è un danno, chiesto risarcimento. Una storia dai tratti indubbiamente forti è quella che ci arriva da Alessandria e ci viene raccontata da Silvana Mossana su La Stampa. Non doveva venire al mondo, nel lontano 2001: per i genitori la sua nascita “forzata” è stata considerata un danno e per questo hanno fatto causa all’ospedale. Ma andiamo con ordine. Come scrive Silvana Mossana, una coppia che all’epoca viveva in un piccolo Comune dell’Alessandrino, concepì l’ormai adolescente creatura nel 2000:
“Lui operaio qualificato, lei assunta in un’impresa di pulizie. Complessivamente un reddito che consentiva una vita decorosa a entrambi e al figlio primogenito, abbastanza grande, ma ancora disoccupato. Un arrivo inaspettato della cicogna i due coniugi, entrambi oltre i quarant’anni, non l’avevano messo in conto. La gravidanza fu appurata indirettamente, nel 2000, come conseguenza della diagnosi di un fibroma. All’ospedale di Alessandria, i medici stessi evidenziarono i rischi di condurla a termine e, d’altronde, la coppia altri figli non ne voleva, anche per l’età ritenuta avanzata”
A quel punto però accadde l’imprevisto che cambiò le carte in tavola:
“L’intervento di raschiamento avvenne, ma l’embrione rimase pervicacemente attaccato alla madre. Quando, tempo dopo, in un altro ospedale, fu confermata la gravidanza in atto, ormai si era alla ventunesima settimana e l’aborto non era più possibile per legge. La bambina nacque allo scoccare dell’ora giusta, ignara del subbuglio che il suo vagito avrebbe creato. Il padre si licenziò per incassare il Tfr, trovò un nuovo lavoro, ma a centinaia di chilometri, tanto che fu necessario trasferire tutta la famiglia, con richieste di prestiti finanziari per far fronte alle spese”
E di chi è stata la colpa di quel radicale cambiamento di abitudini e di quel periodo di sacrifici? Secondo i coniugi, proprio di quell’aborto malriuscito e così la donna ha chiesto e ottenuto un risarcimento dal medico che aveva effettuato il raschiamento non riuscito. Tempo dopo, però, anche il padre decide di aver diritto ad un risarcimento visto che anche lui ha subito un danno psicofisico:
“Pertanto fa causa all’ospedale per ottenere un «risarcimento dei danni da nascita indesiderata» che, in una famiglia monoreddito, ha comportato ripercussioni «sulla vita di relazione» sconvolgendo «l’esistenza privata e lavorativa come era stata programmata» dai coniugi. Il giudice di primo grado, ad Alessandria, ha respinto la richiesta e altrettanto ha fatto la Corte d’Appello, ritenendo non sia stato provato concretamente che l’uomo volesse davvero che la moglie abortisse. «Tanto è vero che poi la figlia è nata» chiosano i giudici. Ma i legali replicano: «È nata per via dell’errore medico e dei mancati controlli successivi che, dopo, hanno reso impossibile eseguire un aborto entro i tempi consentiti!». Se sia così, lo dovrà spiegare, ora, la Corte di Cassazione. Ma non è forse la cosa più difficile. Più arduo sarà spiegare alla figlia, un giorno o l’altro, che il fatto che lei sia nata, bella e sana, non è stato considerato un miracolo della vita, ma un danno da risarcire”