Gendercidio: l’India blocchi lo sterminio volontario delle bambine
23 Gennaio 2015 - di Claudia Montanari
NEW DELHI (INDIA) – Gendercidio o, più semplicemente, aborto selettivo. Una pratica vietata seppur diffusissima in India, dove vengono effettuati aborti selettivi, appunto, per ridurre il numero di donne rispetto a quello degli uomini, in quanto considerate meno utili per il sostentamento delle famiglie. Una vera e propria violenza, uno sterminio di un genere sessuale pericoloso e problematico che da anni le Nazioni Unite denunciano. Ora, il premier indiano Narendra Modi promette un giro di vite e in occasione della visita del presidente americano Barack Obama, scende in campo contro il gendercidio: «Non abbiamo il diritto di uccidere le nostre figlie» dice Modi ripetendo lo slogan della campagna contro il gendercidio «Salva tua figlia, educa tua figlia». Della drammatica pratica molto diffusa in India ne parla Francesca Paci su La Stampa:
“Il gendercidio rappresenta l’altra faccia della più grande democrazia mondiale, quella tradizionale e conservatrice al punto da non digerire il nuovo ruolo delle donne. Così, nonostante la costante crescita economica del continente indiano, le neonate continuano a diminuire (ma non si sono accorti del formidabile potenziale lavorativo e finanziario delle signore???) mentre aumentano i casi di stupri di gruppo, coperti il più delle volte dal silenzio o dallo stigma sociale. Se nel 1971 ogni mille fiocchi rosa ce n’erano 964 blu, nel 2011 il rapporto era 1000 a 918 nel 2011 e, a detta della rivista britannica The Lancet, tra il 1980 e il 2010 mancherebbero all’appello 12 milioni di piccole indiane. Gli stupri, dal canto loro, sono all’ordine del giorno (anche perché le donne iniziano a denunciare)”.
Nel 1985 la studiosa americana Mary Anne Warren ha denunciato, una tra le prime, il gendercidio pubblicando il libro “Gendercide: The Implications of Sex Selection”. A distanza di 30 anni purtroppo il gendercidio è divenuto una drammatica attualità. Ma perché questa pratica così diffusa? Indubbiamente povertà e sottosviluppo non favoriscanole pari opportunità. Scrive Francesca Paci:
“Nel 1990 l’economista Amartya Sen denunciava sulla New York Review of Books il numero folle di 100 milioni di bambine mai nate nel mondo (con un contributo “speciale” di Cina e India). Le bambine «rendono poco», si pensa ancora in molti villaggi toccati dalla globalizzazione solo nella forma della paura, della chiusura difensiva, della reazione iper-local. In alcune province cinesi ci sono 130 neonati maschi ogni 100 neonate, mentre un vecchio detto indù continua a suggerire ai passatisti che «Crescere una figlia è come annaffiare il giardino del vicino» (perché prima o poi si sposerà e andrà a «servire» la famiglia del marito). I governi cinese e indiano hanno dichiarato gli aborti selettivi illegali e le nuove tecnologie di scanning a ultrasuoni rendono più evidente il sesso del feto, le sue condizioni e la sua eventuale non venuta al mondo. Ma, paradosso della modernità, quelle stesse tecnologie servono anche a dare indicazioni ai genitori interessati esclusivamente alla prole maschile”