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India vieta il docu-film su Nirbaya, stuprata a morte dal branco a 23 anni

NEW DELHI – Doveva essere un film-denuncia per ricordare Nirbhaya, stuprata a morte a 23 anni da un gruppo di uomini su un bus di Delhi. Ma il governo indiano ha deciso di censurarlo. Nella “più grande democrazia del mondo” non sarà possibile vedere “Indias’daughter” (“La figlia dell’India”), il docu-film della regista britannica Leslee Udwin, anche lei vittima di stupro. 

Con una decisione che ha suscitato vivaci polemiche fra i difensori della libertà di espressione l’India ha proibito la diffusione di un documentario-inchiesta che conteneva la scioccante intervista ad uno dei membri della banda che il 16 dicembre 2012 violentò a morte Nirbhaya, una studentessa di 23 anni.

La decisione di impedirne la trasmissione sotto qualsiasi forma, compreso Internet, in tutto il territorio indiano, è stata annunciata dal ministro dell’Interno Rajnath Singh. Ed è basata su una ordinanza giudiziaria in cui si sostiene che “siamo di fronte ad una plateale offesa alla dignità delle donne” e ad “un pericoloso incitamento alla violenza”.

Costato due anni di lavoro, il filmato ha al centro una conversazione nel carcere di Tihar con Mukesh Singh, condannato a morte al termine di un processo per direttissima. Brani di questa conversazione sono stati anticipati per un lancio in India da parte della emittente Ndtv, che ora vi ha rinunciato, scatenando un putiferio politico che ha investito in pieno governo e Parlamento. Senza minimamente scomporsi, Mukesh ha ribadito che “una ragazza per bene non va in giro alle 9 di sera” e che “se c’è stupro, la donna è sempre più colpevole dell’uomo”. E poi che “quando la violentavamo, non avrebbe dovuto reagire ma stare calma e lasciar fare. Dopo sarebbe stata lasciata viva da qualche parte”.

In una dichiarazione alle due Camere del Parlamento in subbuglio, il ministro Singh ha sottolineato che “il governo condanna nel modo più vigoroso possibile” l’incidente di cui è stata vittima Nirbhaya, e “non permetterà tentativi di individui, gruppi o organizzazioni di trarre da esso beneficio commerciale”.

Successivamente ha convocato un vertice a cui hanno partecipato alti responsabili di polizia, Prefettura e Direzione carceraria per chiarire le responsabilità di quanto accaduto al momento della autorizzazione dell’intervista nel maggio 2013.

Rispondendo alle proteste di chi sosteneva che siamo di fronte ad “una congiura per denigrare l’India nel mondo”, la regista Udwin ha chiesto “di visionare il film prima di esprimere giudizi”. E soprattutto ha rivolto un appello al premier Narendra Modi affinché non si proibisca il film e “non si cerchi di chiudere gli occhi davanti ai problemi esistenti”.

 

 

Mari

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