Jessica Biel, Mark Zuckerberg… e i patti prematrimoniali: anche in Italia?
21 Ottobre 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – Mettere tutto nero su bianco, prima del matrimonio. Gli avvocati italiani si sono schierati compatti a favore dell’introduzione, anche nella nostra nazione, dei patti prematrimoniali, al centro di un dibattito che si è
svolto il 20 Ottobre al Forum della Famiglia di Napoli.
Oltreoceano i “prenuptials” -come sono chiamati i patti prematrimoniali– vanno per la maggiore. Scrive Elvira Serra sul Corriere della Sera:
“Fece scuola Jackie O. Quando sposò in seconde nozze il brutto e ricco Aristotele Onassis, nel 1968, Jacqueline Kennedy gli fece firmare un innocente contratto prematrimoniale che obbligava lei a non più di un rapporto sessuale al mese e lui a pagare una serie di spesucce, sempre e comunque: per i tradimenti, per le emicranie, per i piccoli acquisti in libera uscita (tre miliardi l’anno di argent de poche ). La classe media puritana statunitense si scandalizzò. Ma la vedova di Jfk sarebbe stata solo la prima e di sicuro la più lungimirante“.
Negli Usa ormai sono all’ordine del giorno tra gli sposi, soprattutto quando di mezzo ci sono star del cinema e dello sport o magnati dell’economia, ma qui in Italia le cose vanno diversamente. Si legge sul Corriere della Sera:
“Per carità: qui nessuno si sognerebbe di mettere per iscritto quante volte bisogna fare l’amore alla settimana, come ha chiesto la dolce Priscilla Chan a Mark Zuckerberg (una), il suo promesso sposo Facebook dipendente; e suonerebbe ridicolo strappare un abbonamento a vita per sé e famiglia alle partite dei Los Angeles Lakers, come ha preteso la star dei reality show Khloé Kardashian dal marito Lamar Odom, stella della Nba (oltre a una «paghetta» di mille dollari al mese soltanto per le cure di bellezza)”.
Per i matrimonialisti italiani la questione è soprattutto economica:
“Si eviterebbero inutili rimbalzi di carte bollate se, almeno sul piano economico, le cose fossero messe in chiaro prima. Perché la separazione non è mai portatrice sana di buoni sentimenti. «Un civile divorzio è una contraddizione in termini» dice a un certo punto Danny De Vito, avvocato di famiglia per esigenze di copione nella Guerra dei Roses . E lo ricorda anche la sua collega «reale» Laura Hoesch, del Foro di Milano, sulla base della lunga esperienza: «Tutte le separazioni avvengono in una dimensione di rancore, di diritti violati e di pretese risarcitorie che sono molto legate agli stati d’animo che nulla hanno a che fare con il contesto vero e proprio». Ecco perché secondo lei bisognerebbe cominciare a fare i prenuptial . «Purtroppo siamo così condizionati da questa cultura stereotipata che, se uno li chiede, sembra non abbia sentimenti».
“Bernardini de Pace se ne infischia e già li fa. «E non si è ancora lasciata nessuna delle coppie che da me hanno firmato un patto confezionato su misura per loro, stabilendo, per esempio, quanta parte dello stipendio vada versata nel conto comune o quanti soldi debbano essere destinati alle emergenze, ai viaggi, ai vestiti» racconta con orgoglio. Basterebbe la felice statistica a promuoverli. Ma restano i problemi: «Uno su tutti il notaio, che si limita ad autenticare di malumore la scrittura privata. E invece sarà tutta fatica risparmiata se ci si troverà mai davanti a un giudice, che non dovrà diventar matto a calcolare il tenore di vita»”.
“All’estero esistono almeno cinquanta tipi di patti prematrimoniali: con le clausole c’è da sbizzarrirsi. Jessica Biel riceverà mezzo milione di dollari se il marito Justin Timberlake la tradirà; Keith Urban, consorte di Nicole Kidman, se farà ancora uso di droghe non avrà diritto a un bel niente, oltre al divorzio. Ma non bisogna esagerare con le richieste: l’ereditiera Jemima Goldsmith, in predicato di nozze con Hugh Grant, aveva preteso nel contratto che lui stesse alla larga dai quartieri a luci rosse di qualunque città del mondo (visti i precedenti) e che fosse «videoreperibile» in ogni momento sul telefonino. Non si sono sposati più“.