La moda? No, così non va! Considerazioni di una giornalista “fuori dal coro”
28 Febbraio 2012 - di marina_cavallo
MILANO – “Sii educato con tutti; socievole con molti; intimo con pochi; amico con uno soltanto; nemico con nessuno” diceva lo scienziato, inventore e giornalista statunitense Benjamin Franklin. L’esatto contrario di quanto è in uso nel piccolo mondo della moda. Dove persiste una diffusa maleducazione, una scarsa socievolezza, un’eccessiva intimità, una finta amicizia e un’ampia inimicizia.
Per esempio è vezzo comune scambiarsi baci: smack smack, e persino il terzo smack. Niente di male. Ma il più delle volte il tutto ha un suono falsissimo. Qualche bacio in meno gioverebbe a limitare la diffusione di influenza e raffreddori e qualche saluto in più a scongelare l’atteggiamento odioso di dame e damazze che si credono la Wintour de noantri. L’apparecchiatura degli ospiti su panche anguste e a strettissimo contatto di lato B – chi possiede una certa circonferenza mette all’angolo con rischio di caduta il vicino – fa sì che si notino colli allungarsi e sguardi appuntirsi per catturare parti di sms sul telefonino dell’altro, appunti e commenti sui taccuini, titoli di giornali. E poi si vedono anche orecchie ingigantirsi come quelle di Dumbo per cogliere pezzi di conversazione. Di conseguenza, il pettegolezzo è oggetto di pratica collettiva. Tutti sanno tutto e tutti commentano, criticano, riferiscono, travisano. Un flusso d’informazioni sotterranee e pericolose corre su telefoni anche senza fili.
Le migliori discussioni avvengono quando qualcuno rivendica il proprio posto: biglietto d’invito alla mano e numero relativo non sono sufficienti per ottenerlo pacificamente. Talvolta, soprattutto in prima fila, ci sono parapiglia, volano parole grosse, qualcuno abbandona la posta stizzito anche se non ha ragione, qualcun altro fa finta di nulla e rimane lì dove non dovrebbe. Così nel front row seggono non solo i i giornalisti più quotati e gli ospiti più pagati ma anche gli utili, i temuti, i sudditi e gli imboscati. A dir poco ridicolo il declassamento verso posizioni più arretrate di tutti coloro che magari hanno osato criticare e di quelli che non sono sufficientemente simpatici.
Della situazione ai buffet non vorremmo parlare anche perché in tempo di crisi sono sempre più rari ma è irresistibile una considerazione: tanti arraffano tutto con le mani e si rigonfiano le guance più e più volte lasciando al vicino le briciole o comunque qualcosa che hanno già toccacciato. Magra consolazione? Questa cafonesca consuetudine non appartiene solo al modo della moda e la maleducazione è un virus che si propaga a grandissima velocità. Per esempio gli incalliti fumatori escono dalla sala sfilate con la sindrome da astinenza prolungata per cui si fiondano su accendino e sigarette come sul cibo dopo mesi di digiuno, affumicando chiunque si trovi pigiato in file fittissime.
Non è il massimo della vita, poi, leggere sui giornali gli attacchi di stilisti contro stilisti, una triste consuetudine di noi italiani litigiosi oltre ogni dire persino quando dovremmo solamente darci da fare. Anche in questa edizione di sfilate donna le polemiche sono state il sale delle cronache con buona pace di chi dall’Italia si attende messaggi di bellezza. Non è meno triste lo spettacolo di gente che si traveste lasciando di stucco la popolazione: papillon dorati di prima mattina, calzine corte e zoccoli anni settanta su pacifiche signore sessantenni, velette su cappellini a metà strada fra un preservativo e il cappello dello chef, tacchi e zeppe che piegano le ginocchia e si trasformano in trappole mortali, gambe viola perché va di moda non usare le calze, una sconsiderata abitudine delle donne anglo-americane copiata dalle fashionistas .
Last but not least, le spiegazioni che i designer danno delle proprie collezioni. Non si fa che parlare, spesso anche a sproposito, di heritage, d’incursioni negli archivi, di donne forti e contemporanee. Preferiremmo sapere di ricerca di nuove forme, di materiali, d’invenzioni, di evoluzione del gusto.
Questa tornata, comunque, si chiude con il consueto balletto degli stilisti. L’inizio del grande dramma è da collocare nell’uscita di John Galliano dalla maison Dior. Il grande punto di domanda è sempre stato: chi potrà mai sostituirlo? Da qui lo scacchiere del fashion system ha mosso pedine importanti: Raf Simons non è più da Jil Sander e tutti hanno esclamato “ready for Dior” applaudendo la sua ultima strepitosa collezione. Da Yves Saint Laurent esce Stefano Pilati e arriva Hedi Slimane. Da Jil Sander torna a sorpresa la stessa designer.
Nel corso della consueta conferenza stampa che Giorgio Armani tiene a conclusione dei suoi défilé, un giornalista straniero gli ha chiesto cosa pensasse del ritorno dei vecchi designer. Armani, con sottile ironia, ha risposto: grazie! Insomma non si è mai troppo vecchi per dimostrare di essere bravi. Verdi ha composto da ultrasettantenne capolavori come l’Otello e il Falstaff. Ma è pur vero che la moda, materia in costante trasformazione, ha oggi più che mai bisogno di uffici stile nei quali allevare talenti. Quotatissimi tutti coloro che hanno lavorato per anni nei team di grandi marchi, da Prada a Gucci, da Burberry a Givenchy, da Armani a Versace.
Ma nel cahier di doleances vogliamo mettere quella stucchevole piaggeria per cui di fronte allo stilista, bravo o incapace che sia, vengano versati fiumi di saliva: collezione bellissima, tutto meraviglioso, inappuntabile, straordinario, geniale e così via con dovizia di baci appassionati e superlativi degni di miglior causa. Sarebbe più utile che i critici mantenessero un elegante distacco e fornissero puntuali, obiettive osservazioni…soltanto con un confronto onesto la creatività si può stimolare e nutrire. Osserviamo invece un frenetico sgomitare per entrare a far parte del cerchio magico della moda e in particolare da parte di blogger che non avendo una solida preparazione sull’argomento, maneggiano con disinvoltura frivolezze o peggio chiedono di avere gratis vestiti e accessori per farsi fotografare facendo credere ai poveri visitatori dei propri spazi cibernetici di fare delle libere scelte. Tutto questo massacra il sistema. Come lo massacra la gestione sconsiderata di uffici stampa importanti da parte di gente improvvisata, ben vestita per mancanza di prove e poco educata per insufficienza di mezzi. Accade spesso che una critica si trasformi in un delitto di lesa maestà e quindi nella negazione dell’invito alla sfilata della stagione successiva. Ma questo fa onore a chi fa onestamente il proprio lavoro. Meno onore invece va a chi pretende di maneggiare i giornalisti a proprio piacimento: ti invito quando mi servi e se sarai carino con me. No, così proprio non va.
di Lucia Serlenga
fonte CHI E’ CHI NEWS
foto mcc per ladyblitz