New York, gira con il materasso su cui è stata violentata: “Cerco giustizia”
7 Ottobre 2014 - di Silvia_Di_Pasquale
NEW YORK – Gira per le strade di New York con un materasso come forma di protesta: è lo stesso su cui è stata violentata da un collega dell’università, giudicato innocente. Emma Sulkowicz, “La ragazza con il materasso”, ormai negli USA la conoscono così, non si è però arresa e ha deciso di portare avanti la sua lotta contro le violenze sessuali all’interno degli atenei americani, dove lo stupro, dice, viene considerato impunemente “sesso divertente finito male”.
La storia di Emma inizia alla Columbia University (New York), dove lo scorso anno conosce un ragazzo, Paul, con il quale inizia una relazione. Hanno dei rapporti sessuali. Una sera, riceve il giovane nella sua camera. Lui è ubriaco e la costringe ad un rapporto anale, contro il suo volere. All’inizio Emma mantiene il silenzio, poi quando viene a sapere che il ragazzo ha fatto lo stesso con altre donne, decide di denunciarlo alle autorità dell’università.
Viene interrogata più volte, costretta a spiegare nei minimi dettagli quanto accaduto quella notte: “Sono stata interrogata da persone non addestrate al compito, hanno dubitato della mia parola da subito”, lamenta. Ovviamente Paul nega tutto. Sei mesi dopo arriva anche il verdetto della Columbia: il giovane è innocente. Da quel momento comincia la battaglia di Emma, che inizia a girare per New York senza separarsi mai dal materasso su cui ha subito la violenza. Le sue foto fanno il giro del mondo. Persino Hillary Clinton, dopo averle viste, dichiara: “E’ un’immagine che dovrebbe far riflettere tutti noi”.
La battaglia di Emma è contro l’omertà delle istituzioni universitarie, che per difendere il loro prestigio sono disposte a coprire casi di violenza all’interno delle proprie sedi. “Vogliono insabbiare tutto, sperando che la gente non venga mai a sapere. Ma se fa così, anche la Columbia è più preoccupata del suo buon che della sicurezza dei suoi studenti”, ha spiegato la giovane lo scorso giugno. Un mese dopo, insieme ad altri studenti, ha presentato un esposto federale in cui accusa l’università di non aver gestito correttamente il suo caso di stupro, scoraggiando di fatto chi ha la volontà di denunciare altre violenze. La battaglia è lunga, ma Emma non demorde.