Nilde Iotti e Palmiro Togliatti: il dramma di un amore clandestino
25 Giugno 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – Nilde Iotti. Una delle donne protagoniste del ‘900 italiano, di quel “secolo breve” le cui date coincidono con la sua stessa biografia, 1920-1999.
A raccontare la sua vita, oggi, è Luisa Lama in “Nilde Iotti – Una storia politica al femminile” (Donzelli), in uscita con un’introduzione di Livia Turco. Dalla formazione cattolica all’impegno militante nel Pci, alla svolta post-comunista del 1992; dalla laurea alla Cattolica di Milano ai primi coinvolgimenti nell’antifascismo e nella Resistenza; dall’elezione all’Assemblea costituente alla partecipazione diretta alla stesura del testo costituzionale, alla lunghissima attività parlamentare, fino alla presidenza della Camera dei deputati.
E poi ancora, il contrappunto privato alla vita pubblica della Iotti, compagna “clandestina” di Palmiro Togliatti. Una drammatica storia d’amore e passione, vissuta con dignità e con consapevole coraggio.
Nilde Iotti aveva 26 anni quando fu catapultata nell’emiciclo di Montecitorio. E proprio dentro quelle mura che per l’Italia stavano segnando il percorso verso la libertà, scoppia l’irrefrenabile amore di Nilde Iotti verso Palmiro Togliatti: capo comunista, di 27 anni più vecchio di lei, per giunta uomo sposato. Un mix di ingredienti che fecero di una storia d’amore una tragica vicenda interore per Nilde Iotti.
Ed è proprio dall’incontro tra Nilde Iotti e Palmiro Togliatti che Lama ricostruisce la drammatica vicenda amorosa dei due: una storia d’amore che potrà essere interrotta solo dalla morte di Palmiro Togliatti. E sarà proprio tra le mani di Nilde Iotti che Palmiro Togliatti consegnerà la stesura di quel Memoriale di Yalta cui nel 1964 affiderà il suo lascito politico.
le lettere tra Nilde Iotti e Palmiro Togliatti sono comprese nel capitolo “Amore e lettere” del libro scritto da Luisa Lima, ma sono idealmente cucite nella filigrana della storia. Scrive Sara Ventroni su l’Unità: “Nilde, messa alle strette dai ricatti – o la carriera o l’amore – sceglierà di scegliere tutto: il suo uomo, e il suo partito. Si tratta, d’altronde, di un amore scritto su carta intestata “Assemblea Costituente”. […] Se l’aneddotica è nota – Palmiro, scendendo le scale di Montecitorio, carezza in silenzio i capelli di Nilde – a leggere le spigolature colpisce la ferma determinazione a vivere l’amore dentro la storia ufficiale. Perché non c’è scampo: il loro incontro è «una vertigine davanti a un abisso», scrive Togliatti il 5 agosto. Il segretario sa che non può, e non vuole, più fare a meno di lei, per questo scrive biglietti ultimativi a Eugenio Reale. Va sistemata la questione con la compagna Rita, perché Palmiro vuole andare a vivere con Nilde. E non importa se il concubinato è un reato“.
L’amore era vivo e drammatico anche dentro il Parlamento: “Questa notte non ho dormito per niente in viaggio: mi martellavano nel cervello i nostri due nomi uniti nel silenzio dell’aula (nello spoglio per le elezioni di Terracini alla presidenza della Camera erano state contate due schede nulle: forse i due nomi di Nilde e Palmiro erano stati accostati da una mano non proprio amica, ndr). Ho creduto in quel momento di venir meno tanto mi sono sentita indignata e disgustata di così degenerato costume politico… Ho timore di tornare a vedere il tuo viso, di incontrare il tuo sguardo. Forse tu vorrai dirmi anche senza parole che non si può continuare, che bisogna troncare tutto? Non posso pensarci” scriveva Nilde Iotti a Palmiro Togliatti.
Impressiona la dolcezza delle parole. Il paradosso di un uomo stimato da tanti e odiato da molti, l’uomo che più di tutti in Italia aveva sposato la causa comunista, che si sentiva quasi impotente di fronte alla grandezza di un amore così ampio, dirompente e inarrestabile.
Nell’estate del 1946 Nilde Iotti e Palmiro Togliatti si rincorrono nel pensiero: “Non credevo che avrei tanto sofferto, di non ritrovarti, di non sapere quando ti ritroverò, di non avere nulla di te, di non sapere quando l’avrò. Ora mi pare che non potrò vivere così” scrive Togliatti quando, di ritorno a Roma ad agosto del ’46, non trova la sua Nilde.
Ma i due sono determinati. Scrive Togliatti il 28 settembre 1946: «”uanto ho fatto verso di te e con te non è mai stata un’intenzione frivola [… ]. Mi pare che possiamo e dobbiamo solo andare avanti, come in certi passi difficili di montagna”.
E poi il Partito, il vero ostacolo primo del loro dirompente amore: la Federazione di Reggio Emilia che non vuole ricandidare la Iotti e, ancora peggio, Secchia che informa Stalin di una “crisi personale del segretario”. Quel partito che, pur di tenerlo lontano dall’Italia, spedirebbe Togliatti al Cominform, a Praga.
Poi il rallentamento delle epistole. Palmiro non risponde alle lettere, e Nilde scopre che è a casa ammalato, per giunta accudito dalla legittima moglie. «Sono certa che tu guariresti prima se potessi curarti io», incalza Nilde con modi quasi infantili. Sembra disposta a tutto, perfino a chiedere notizie all’autista-custode Armandino, che non le mostra grande simpatia.
«Solo allora ho rinunciato a venire a casa tua», scrive a Palmiro in toni sommessamente minacciosi. In una lettera successiva accenna anche a un desiderio di maternità, «a volte vorrei davvero che qualche cosa di te restasse in me, forse allora capiresti ciò che sei per me».
L’altra donna. La legittima moglie di Palmiro Togliatti: “Alla Camera Nilde incrocia Rita Montagnana e il suo sguardo «duro, pieno di rancore e odio, appena filtrato dalle palpebre socchiuse”. Una moglie che probabilmente sapeva e che indubbiamente schivava la verità.
Nilde Iotti, l’immagine della donna serafica, la prima presidente della Camera. E poi lui, Palmiro Togliatti, l’uomo tutto di un pezzo. Il Parlamento, e Montecitorio, e il Partito. Lì dove si stava costruendo una nuova Italia, una storia d’amore tragica e allo stesso tempo immensa si stava consumando.