Terremoto anche in pianura, perché? Ecco i motivi
29 Maggio 2012 - di Claudia Montanari
ROMA – Risale a pochi minuti fa l’ultima scossa di terremoto registrata nei pressi di Modena ma che è stata avvertita in tutto il Nord Italia. Quelle di queste ore sono solo le ultime di una lunga serie si scosse che si registrano da molti giorni a questa parte nelle zone dell’Italia del Nord. E, una delle domande che in molti si stanno facendo, è come sia possibile che siano epicentro di terremoti zone prevalentemente in pianura. Terre calde di Medolla, Rendazzo, Cento, Finale Emilia, sono quelle più colpite dal terremoto. Ma i terremoti non avvengono solo in montagna? Come mai in pianura? La domanda è comprensibile: i terremoti sono percepiti come fenomeni tipici delle zone montuose, viste come strutture accresciute a forza di ripiegamenti di rocce e faglie (fratture) che sollevano le montagne stesse, e quindi a suon di terremoti.
Spiega Fedora Quattrocchi, dirigente di ricerca INGV e resp. unità geochimica fluidi, stoccaggio geologico e geotermia: “Proprio sotto la piatta pianura padana ci sono “catene montuose” ripiegate e fagliate , identiche strutturalmente alle montagne che i nostri occhi percepiscono in superficie. Queste “montagne” sepolte sono spesso sede di giacimenti e stoccaggi di gas naturale. Non è facile da immaginare e infatti per scoprirlo, nella pianura padana, ci sono volute le ricerche della industria petrolifera italiana, prima Agip poi Eni, quando Enrico Mattei iniziò a perforare a Cortemaggiore. Non è una conoscenza che risale alla preistoria, ma a poco più di cinquant’anni fa”.
Quattrocchi continua: “Si possono quindi anche capire le reazioni che si sono avute di fronte agli sprofondamenti come quello di San Carlo – Sant’Agostino in zona epicentrale emiliana. Essi sono noti da tempo come “scavernamenti”. Il tragico terremoto dei giorni scorsi conferma la teoria di uno studioso modenese, morto proprio un mese fa, il prof. Maurizio Pellegrini dell’Università di Bologna, il quale, dopo decenni di meticolosi studi della geologia della pianura padana, ne comprese l’esistenza”
“La teoria è tragicamente semplice ed ha trovato puntuale conferma: le scosse si verificano nel profondo della terra e le liquefazioni e gli sprofondamenti-scavernamenti, dove le prime centinaia di metri contengono sedimenti superficiali incoerenti e torba soffice (materia organica), quando le scosse sismiche arrivano in superficie perdono di consistenza e collassano come quando avete costruito un castello di carte da gioco”.-
Una domanda viene a questo punto spontanea: se una sequenza sismica come quella in atto, con un evento finora massimo con magnitudo 6.0, ben risentito in tutta l’italia settentrionale ed in parte in quella centrale, non ha comportato una fuoriuscita eclatante di metano (gas naturale) dai numerosi giacimenti e stoccaggi di gas naturale stesso della Pianura Padana, perché mai dovremmo tanto temere “a priori” e con pregiudizio, prima ancora che gli studi siano completati e siano verificate le singole specificità locali. lo stoccaggio di metano o di CO2 nel sottosuolo in Val Padana, dove il gas naturale è stato contenuto per centinaia di migliaia di anni, durante i quali, di queste sequenze sismiche, se ne sono avute a centinaia?