La Repubblica: “Ragazze, non svendete il vostro corpo”. Meglio venderlo al giusto prezzo?
8 Maggio 2012 - di Claudia Montanari
ROMA- Probabilmente “Gina” sarà il nome dell’ultimo film di Francesca Comencini, appena finito di girare. Il tema tratta la storia di due giovani, Gina e Marco, alle prese con il loro primo giorno di lavoro. Su la Repubblica spicca una intervista a riguardo: il tema è delicato e la frase che campeggia a grandi caratteri è forte, ma avremo tempo di parlarne più avanti. Per ora soffermiamoci sui due giovani e le loro prospettive: lei, che proviene dalla periferia romana in cui, per periferia, vi è un sottile riferimento a degrado (Lei ha girato a lungo tra le periferie nella ricerca del cast. Che cosa l’ha colpita? “Ho imparato quanto forte sia la frattura generazionale, ho scoperto contesti molto duri, ho ascoltato molte storie famigliari drammatiche (…)” risponde la Comencini) perchè sì, le storie drammatiche esistono giusto nelle periferie, o meglio, forse è lì che sono visibili perchè nelle zone “altolocate” si sa, “i panni sporchi si lavano in casa”. Insomma, la fiction “Una grande famiglia” non ha insegnato proprio niente a nessun fruitore di “Beautiful” e compagnia bella? Ma è del film della Comencini cui ora stiamo parlando, dunque, dicevamo, lei attende il colloquio della sua vita con un politico che potrebbe farla entrare nel mondo dello spettacolo. Lui, Marco, come primo giorno da autista, deve andarla a prendere.
È bella quanto tagliente, la trama. Racconta il vero, si sente dire in giro. Tanto che la Comencini stessa, di cui indubbiamente nobile è l’intento, dice nell’ intevista a La Repubblica: “Il film è soprattutto per quelli che pensano di valere così poco, vorrei che scoprissero che invece valgono, che possono recuperare la dignità e la fiducia in se stessi” perchè ormai il dato è davvero di fatto: “Il rapporto con il lavoro di ragazzi e ragazze che ho incontrato è molto simile a quello di Gina e Marco, il sogno della raccomandazione, disponibilità a qualunque compromesso. Oppure sfiducia totale, rassegnazione, il niente” aggiunge la regista.
E qui arriva il bello, perché, ormai lo sappiamo e la Comencini conferma, Gina e Marco raccontano al netto il nostro paese: “Sono due giovani con aspirazioni normali (..) all’inizio di questa giornata pensano che sia anche normale accettare compromessi, essere raccomandati, servili, perché in questi ultimi vent’anni non è che siamo diventati più cattivi o più stupidi, ma piano piano la soglia della normalità si è spostata”.
Sono servili, i ragazzi di oggi, dunque, e scendono a compromessi. E “la Repubblica” presenta a caratteri cubitali la frase ad effetto su cui volenti o nolenti, si focalizza l’attenzione: “Ragazze, non svendete il vostro corpo“. L’intervista lo spiega chiaramente: la società di oggi è malvagia, aspira tutto nel suo vortice e per stare al passo con essa devi concederti, devi servire il “potente” e stare con chi conta. Per poi sbarazzartene, ovviamente, al momento giusto. E devi essere furbo. Molto furbo. Ed è qui che casca l’asino perché le giovani di oggi disposte a scendere a compromessi non svendono proprio nulla. Anzi. Si fanno pagare, e a caro prezzo.
E proprio questo è uno dei problemi del nostro paese. La S di troppo in questo caso è la lettera che fa la differenza, ma sempre più spesso le frasi hanno delle lettere in più (o in meno) che andrebbero dosate meglio. Non svendiamo il corpo, dunque, vendiamolo bene se proprio dobbiamo! Ciò che però mi sembra chiaro è che chi decide lo fa a peso d’oro quasi avesse letto un intero manuale di finanza ed economia, altro che svendita. La svendita lasciamola ai periodi di saldi nei negozi.
Peccato però perché, in fondo, ci crediamo davvero all’intento nobile della Comencini di affrontare una realtà diffusa ed attuale.
Iniziare a dosare le parole, questo bisognerebbe fare più spesso.