Lavoro: a rischio 30mila posti nei call center
23 Aprile 2012 - di luiss_vcontursi
ROMA – La riforma del lavoro di Elsa Fornero impone una stretta sui contratti di collaborazione: il che non si tradurrà in un aumento di posti fissi ma, secondo Assoncontact, nel rischio di perdere il lavoro per molti giovani che lavorano nei call center. L’allarme è che con la riforma sono a rischio 30 mila posti di addetti ai call center.
Specie nell’attuale congiuntura occupazionale è un allarme che va preso molto seriamente: conseguenza immediata se la riforma passerà senza modifiche, per Assocontact è che non ci saranno più motivi per cui “l’outbound non si sposti verso la Romania, ci sono almeno 30 mila posti in bilico”.
Outbound? Abbiamo imparato a guardare con una certa diffidenza al lavoro al tempo dei call center, complice una pubblicistica per nulla compiacente, e libri e film (pensiamo a “Tutta la vita davanti” di Virzì) che ne hanno descritto l’universo di impiego aleatorio e sottopagato. Con la circolare del giugno 2006, il Ministero del Lavoro ha disciplinato il settore distinguendo tra inbound, cioè lavoro dipendente a tutti gli effetti e outbound cioè colaborazioni a livello contrattuale e di fatto. Sotto la pressione dei sindacati fu trovata una prima intesa a dicembre del 2006 con il gruppo Almaviva per la stabilizzazione dei collaboratori, promossa dal ministro del centrosinistra Damiano: da allora gli assunti sono stati 26 mila. Nel 2008 il ministro Sacconi, Pdl, limitò la possibilità di fare ispezioni, un passo indietro molto contestato per quella che fu considerata una deregulation molto pericolosa per i lavoratori.
In questo momento, la stessa Assocontact vorrebbe tornare a un monitoraggio capillare attraverso le ispezioni pur di scongiurare l’applicazione automatica della nuova legge. Due le fattispecie normative che mettono in subbuglio un settore che conta 200 imprese e 76 mila addetti (di cui 46 mila dipendenti e appunto 30 mila a progetto). Primo, la lettera F del comma 1 all’articolo 8 quando si legge che i rapporti sono considerati “di lavoro subordinato nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti”.
In pratica, la distinzione tra inbound e outbound diverrebbe inutilizzabile, scomparirebbe. Una prospettiva auspicata dai sindacati e condivisa da chi chiede meno precarietà, ma che può portare alla estinzione immediata di migliaia di posti di lavoro. Secondo, Assocontact vede il rischio di un’esplosione dei contenziosi rispetto all’adozione del comma 2 che lega la validità del rapporto di collaborazione “all’individuazione di uno specifico progetto”. “Si rischia di cancellare di cancellare del tutto il lavoro a progetto, senza peraltro sostituirlo, perché l’attività di outbound non si confà al lavoro a tempo indeterminato”.