Roberto Mancini, chi era il poliziotto eroe della Terra dei fuochi
15 Febbraio 2016 - di Claudia Montanari
ROMA – Roberto Mancini, chi era il poliziotto eroe della Terra dei fuochi. Rai Uno rende omaggio a Roberto Mancini, il poliziotto che è morto di tumore dopo aver combattuto la battaglia della sua vita contro la Terra dei fuochi. Il libro “Io, morto per dovere”, da cui la fiction è romanzata, racconta in maniera lucida e chiara la storia di questo eroe, che ha sacrificato la vita alla ricerca della verità. Edito da Chiarelettere, questo libro è stato scritto da Luca Ferrari e Nello Trocchia con la collaborazione della moglie di Roberto Mancini, Monika Dobrowolska Mancini. Suo marito ha dedicato i suoi ultimi anni di vita per cercare la verità in merito al traffico illecito dei rifiuti, individuandone il sistema criminale che ancora oggi devasta il territorio campano e non solo. Ma chi era Roberto Mancini? Il sostituto commissario Roberto Mancini è morto a Perugia il 30 aprile 2014 dopo aver combattuto per circa 11 anni la sua seconda battaglia, quella contro il tumore. Fino a che la malattia gliene ha dato la possibilità, è rimasto in servizio presso il Commissariato “San Lorenzo” di Roma. La prima battaglia, Roberto l’ha combattuta indagando sul versamento illegale di rifiuti nei territori tra il Lazio e la Campania. Per primo ha portato alla luce ciò che gli altri fingevano di non vedere. Le sue indagini sono state tutt’altro che semplici. Quella che oggi giornalisticamente si definisce la “terra dei fuochi” o il “triangolo della morte” di Acerra, Nola e Marigliano, è l’insieme dei luoghi in cui il poliziotto ha investigato. Oggi dobbiamo molto a lui se i traffici legati allo versamento illegale dei rifiuti sono venuti alla luce. Il sito antimafiaduemila.com ha intervistato Nello Trocchia, che spiega chi era Roberto Mancini:
“Era una persona dotata di straordinaria capacità investigativa, di una umanità e di una attenzione a quelli che erano i temi della democraticizzazione dei corpi della Polizia. Mancini poneva in primo piano una legalità in grado di conciliarsi con la giustizia sociale. Con una squadra a ranghi ridotti guida i sopralluoghi, inala sostanza tossiche, si occupa di inseguire i trafficanti di veleni, si ammala e muore di dovere. Ci lascia le verità di un impegno costante, una normalità fatta di lavoro, passione e amore per il proprio paese, per la propria terra e per la propria divisa. Abbiamo raccontato il profilo partendo dal collettivo di cui faceva parte al liceo, restituito la personalità divertente, ironica e mai banale di Roberto. Ha attraversato gli anni delle spranghe, delle fiamme e degli omicidi politici, ha preferito le idee e l’impegno alla morte e alla deriva violenta. Ha portato tutto con in polizia: passione ideali e voglia di cambiare da dentro le istituzioni.
Cosa riportano le indagini svolte a proposito del traffico di rifiuti?
Roberto nel 1996 deposita un’informativa alla Procura di Napoli in cui sono presenti gli elementi utili ed essenziali per comprendere l’organigramma affaristico criminale che ha prodotto la devastazione territoriale. L’informativa però non venne considerata a sufficienza all’epoca perché vi era una scarsa considerazione dell’opinione pubblica su quei temi, era assente una cultura giuridica e mancava una normativa efficace a contrastare i crimini connessi all’ambiente. Trascurare le indagini di Mancini è stato un errore madornale, perché i protagonisti citati nell’informativa sono stati successivamente mandati a processo. Se l’informativa avesse goduto di maggiore considerazione, oggi, avremmo certamente evitato anni di devastazioni ambientali in Campania e non solo”