Rossella Urru accolta da famigliari e Monti
20 Luglio 2012 - di Claudia Montanari
ROMA – È atterrata ieri sera all’eroporto di Ciampino, dove è stata accolta dai famigliari e dal presidente del Consiglio Mario Monti, Rossella Urru, la cooperante italiana del Cisp rapita da Al Qaeda nel Maghreb Islamico il 23 ottobre scorso. “Ringrazio tantissimo lo Stato italiano, il ministero degli Afari esteri, l’unità di crisi, tutto il movimento che ha sostenuto la mia famiglia e la mia liberazione. Sto bene e spero di poter continuare a lavorare nella cooperazione” sono le prime parole pronunciate dalla ragazza.
“È un lavoro rischioso, è un lavoro difficile -ha aggiunto- il rischio l’ho vissuto in prima persona, ma spero che questo non fermi me e tutto il resto della cooperazione”.
A chi le chiedeva se avesse avuto paura Rossella ha risposto: “a volte è capitato ma sono stata trattata bene, adesso sto bene, sono in forze e finalmente è finita”. Quindi, alla domanda se tornerà nelle terre dove ha vissuto in questi 9 mesi, ha risposto con un “può darsi”.
Rossella Urru, appena scesa dall’aereo allo scalo di Ciampino ha abbracciato i suoi famigliari, padre, madre e due fratelli. Quindi ha stretto la mano al premier che l’ha salutata con due baci e al sottosegretario ai servizi di sicurezza Gianni De Gennaro (presenti anche il ministro degli Esteri, Giulio Terzi e il ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi). “Bentornata in Italia, mai benvenuto è stato dato con tanto calore, con tanta gioia”, ha detto Monti rivolto alla cooperante liberata ieri al termine di un sequestro durato 9 mesi.
“I suoi familiari -ha aggiunto il premier- hanno avuto una forza straordinaria, l’Italia e la Sardegna in primo luogo hanno manifestato grande affetto e grande palpitazione per lei. Debbo ringraziare gli organi dello Stato per essersi prodigati così efficacemente. Lei è una persona che ha dedicato e sta dedicando la sua vita ad attività di cooperazione e tutto il mondo della cooperazione si è sensibilizzato per farla tornare a casa, in particolare so che la comunità di Sant’Egidio è stata di grande aiuto, accanto agli organi dello Stato italiano. Bentornata”.
Tuttavia Giuliana Sgrena, giornalista del Manifesto e scrittrice rapita in Iraq nel febbraio del 2005, spiega: “l’esperienza del rapimento, l’essere ostaggio non si supera mai, ma si impara a conviverci. In momenti così difficili, gravi, credo che le persone tirino fuori forme di resistenza che non immaginano, non sanno neanche di avere. Si convive ogni istante con la paura di morire da un momento all’altro, perché anche se si è consapevoli che vi è una trattativa in atto questa potrebbe non andare a buon fine”.
“Nel mio caso – ricorda ancora Sgrena – la liberazione è stata fortemente traumatica. Ancora adesso, e sono passati sette anni, risento degli effetti del periodo del sequestro e della fuga”. “Resta sempre addosso la sensazione di essere dei sopravvissuti – continua Sgrena – la vicinanza della morte cambia completamente tutti i parametri della vita tanto che io ora vivo alla giornata e ogni giorno è una conquista: non riesco a fare progetti di alcun tipo”. Sgrena si rivolge poi a Rossella Urru auspicando di “poterla incontrare e abbracciare al più presto. Ho tanta voglia di rivedere presto il suo bel sorriso e spero che la lunga prigionia non glielo abbia tolto. Spero anche che Rossella possa affrontare il futuro con fiducia perché è importante per andare avanti. Ma lei è giovane e sono sicura che riconquisterà la fiducia e la forza necessarie per ritornare alla vita”.