Sicilia, schiave romene nelle campagne: mogli dei padroni sanno, ma tacciono
23 Ottobre 2014 - di Silvia_Di_Pasquale
VITTORIA (RAGUSA) – Sanno, ma tacciono: le mogli dei padroni delle serre in cui migliaia di romene vengono sfruttate per la raccolta dei pomodori a Vittoria (RAGUSA), preferiscono rimanere in silenzio e non dire nulla, o almeno, questo è quello che fa la maggior parte di loro. Come spiega Dario Di Vico sul Corriere della Sera:
“Le signore di Vittoria non hanno preso di petto la questione, vivono lontane dal luogo dei misfatti, sono coetanee dei loro mariti e figlie di altri padroncini, tutte casalinghe e in fondo anche loro non possono giocarsi il posto di moglie. Qualcuna va dal parroco e se la prende con le romene accusate di lavorare in abiti succinti (nelle serre ci sono anche 50 gradi!), le altre chiudono le orecchie se l’uomo spiega che d’estate preferisce dormire in campagna”.
Sarebbero tra le 1000 e le 1500 le donne romene che si trovano in questa situazione. Hanno tra i 20 e i 40 anni e lavorano fino a 11 ore consecutive per sei giorni alla settimana, guadagnando 10-15 euro al giorno. Alcune di loro si sono date anche alla prostituzione nelle discoteche rurali. Altre finiscono in un rovinoso e forzoso concubinato con i loro titolari. Troppa è la paura di finire su una strada: perdi il lavoro, e con esso anche l’alloggio.
“L’arroganza maschilista dei padroncini si spinge al punto di non usare il preservativo e la consuetudine diventa dramma con il ricorso all’aborto. In qualche caso (raro) i tempi limite sono trascorsi e sono nate delle bambine”, spiega Di Vico.
Don Beniamino Sacco denuncia “festini agricoli”, che si terrebbero nelle campagne, nella zona tra Scoglitti e Acate, su fino a Ragusa. Una deriva preoccupante, che allarma anche Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. La paura è quella che il pomodoro ciliegino diventi sinonimo di schiavitù e sfruttamento e venga perciò boicottato.