Stupro di gruppo, carcere non obbligatorio. Luca Zaia: “Misura colma”
24 Luglio 2013 - di Claudia Montanari
ROMA — Stupro di gruppo, non solo carcere obbligatorio ma devono essere previste anche misure detentive alternative.
E’ quello che dice la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, terzo periodo, del codice di procedura penale.
Scrive l’Agi:
“I “gravi indizi di colpevolezza” non rendono automatica la custodia in carcere, ma il giudice può anche stabilire che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure alternative alla detenzione. Lo ha sancito la Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità parziale dell’articolo 275, terzo comma, del codice di procedura penale, modificato con il decreto legge sullo stalking, come già fatto, con precedenti pronunce, in relazione ad altri reati, tra cui il traffico di stupefacenti, l’omicidio, e delitti a sfondo sessuale e in materia di immigrazione. “Ciò che vulnera i parametri costituzionali – si legge nella sentenza n.232 depositata oggi – non è la presunzione in sè, ma il suo carattere assoluto, che implica una indiscriminata e totale negazione di rilevanza al principio del ‘minore sacrificio necessario'”. Invece, spiegano i giudici della Consulta, “la previsione di una presunzione solo relativa di adeguatezza della custodia carceraria, atta a realizzare una semplificazione del procedimento probatorio, suggerita da aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile da elementi di segno contrario, non eccede i limiti di compatibilità costituzionale, rimanendo per tale verso non censurabile l’apprezzamento legislativo circa la ordinaria configurabilità di esigenze cautelari nel grado più intenso”.
La sentenza ha sollevato immediatamente polemiche. Primo fra tutti Luca Zaia, governatore della Regione Veneto che, come si legge sul Corriere della Sera, ha dichiarato: ”
«La misura è colma. Questa sentenza della Corte costituzionale che arriva a dire no al cercare per la violenza sessuale di gruppo se il caso concreto consente di applicare misure alternative ha qualcosa di incredibile e scandaloso. È inaccettabile — continua — perché così di fatto si declassa uno dei reati più indegni e odiosi e che suscita ribrezzo negli uomini per bene, figuriamoci nelle donne. Questa sentenza è il frutto malato di un Parlamento che non riesce a legiferare in modo severo e di una politica così distante dalle istanze dei cittadini da non saper più né considerare né rispondere al senso comune».