Succhi d’arancia, frutta minima dal 12 al 20%: passa emendamento
17 Gennaio 2014 - di Claudia Montanari
“C’è tenacia nei salutisti democratici nel provare a far passare un provvedimento palesemente giusto, probabilmente economico (la Coldiretti valuta in 200 mila tonnellate le arance italiane vendute in più, se il provvedimento andrà in porto, sono diecimila ettari di agrumeti salvati, soprattutto in Calabria e Sicilia), ma avversato da molti poteri italiani ed europei: il sottosegretario Catricalà ai tempi del governo Monti, il sottosegretario Castiglione con il governo Letta e il ministro De Girolamo a guidarlo, l’ufficio legislativo dell’Unione europea, le potenti Assobibe e Mineracqua.
La prima formula del “20 per cento”, in verità, aveva superato il fuoco di sbarramento delle multinazionali del bere, che avevano denunciato come l’innalzamento avrebbe alterato il gusto delle loro Fanta, le loro San Pellegrino (gruppo Nestlè). Ma la norma italiana era stata successivamente fermata dalla Commissione europea perché il governo italiano aveva ritardato la notifica a Bruxelles e, soprattutto, perché l’imposizione di una percentuale minima poteva costituire un ostacolo alla libera circolazione delle merci, tabù liberista contro il quale si sono schiantate molte norme alimentar- salutiste del nostro paese. «Ora ci riproviamo», dice Balduzzi benedicendo l’emendamento”
Come riportato da Repubblica, il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo ha dichiarato:
“«Fino ad oggi i consumatori hanno pagato l’acqua come la frutta, una politica che sta facendo sparire il frutteto italiano».
Moncalvo, primo sponsor del “minimo 20 per cento”, spiega dove si colloca il fronte decisivo: «L’Italia con il primato europeo nella qualità e sanità degli alimenti ha il dovere di restare all’avanguardia nella battaglia per cambiare norme difese in Europa solo dalle grandi lobby industriali». Bruxelles, al solito. Confindustria replica dicendo che nell’Unione europea la frutta nelle bottigliette è in media solo del 5% e trova un insolito alleato nei 5 Stelle, che si scoprono filoUe: «Ci siamo astenuti perché questo provvedimento è un bluff antieuropeista e comporterà un aumento insostenibile dei costi di produzione». Michele Anzaldi del Pd: «Se il decreto emendato passa al Senato questa volta l’Europa non ci potrà stoppare, abbiamo seguito tutte le loro indicazioni».