Tutte le ministre con il pancione: gravidanza e politica si può
15 Marzo 2016 - di Claudia Montanari
ROMA – Non ne combina una giusta il candidato sindaco di Roma per il centrodestra Guido Bertolaso. “La Meloni deve fare la mamma” è stata forse solo l’ultima delle uscite non proprio felici del candidato sindaco che, a quanto pare, non piace poi tanto nemmeno a tutta la destra. In merito alla spinosa questione della “Donna-mamma-casalinga” se ne è occupata Maria Latella che sul Messaggero scrive:
“Bertolaso ha maturato, come si scrive nei cv, significative esperienze all’estero. Di recente è stato anche in Africa. Eppure neanche laggiù gli è capitato di constatare che, alle falde del Kilimingiaro come altrove, sono le donne – quasi sempre mamme – a mandare avanti la comunità. Perciò, delle due l’una. O Bertolaso è cosi romanocentrico da non essersi accorto che nel resto del mondo si sta facendo di tutto per consentire alle donne di gestire famiglia e responsabilità importanti. Oppure si è convinto che perfino il pretesto della gravidanza potesse andar bene per sgambettare la concorrenza di Giorgia Meloni. A occhio, propenderei per questa seconda ipotesi”.
Sia chiaro: l’infelice uscita di Bertolaso non aveva indubbiamente alcun altro scopo che quello di cercare di avere meno concorrenza possibile durante la corsa a sindaco di Roma. Eppure, scrive Latella, fare politica e aspettare un bambino, in questo momento sembra essere un conclamato vantaggio e i primi ministri sembrano saperlo bene:
“Cominciò Silvio Berlusconi, il maestro del genere fiction e politica: nominò ministra Stefania Prestigiacomo mentre mancavano solo un paio di mesi alla nascita del suo primo figlio. Lei ripagò la fiducia non assentandosi mai dal ministero. Fu la prima a introdurre un piccolo asilo nido. La novità fu poi esportata in Spagna. Il premier socialista Zapatero, a corto di fondi e forse consapevole della crisi che stava per abbattersi sul suo Paese, lastricò i suoi anni al governo di riforme sui diritti, astutamente a costo zero. Però fu grazie a Zapatero che, per la prima volta nella storia, una ministra al settimo mese di gravidanza, Carme Chacon, si ritrovò a passare le truppe spagnole di stanza in Afghanistan. Dalla Marianna Madia anche lei nominata ministra davvero solo un mese prima che nascesse la piccola Margherita a Rachida Dati che invece ministra era già quando decise di diventare madre single, lo stupore per le mamme in politica dovrebbe ormai appartenere al passato. Semmai, ripeto, l’essere mamma è un vantaggio, come ben argomentò la vicesindaca di Milano Francesca Balzani, professionista di fama, quando candidandosi contro Sala alle primarie, qualcuno obiettò: «Ma ha tre bambini, come farà?». Una che deve militarmente gestire l’organizzazione familiare non si spaventa quasi davanti a nulla. La prova? La storia l’ha raccontata laministra della Difesa Roberta Pinotti nel mio libro “Il potere delle donne”. «Ero segretaria del partito, allora Pds, a Genova, e mi proposero di candidarmi alle politiche. Nel frattempo, mi accorsi di aspettare il secondo figlio. D’accordo con mio marito, decisi di accettare e di correre». Quel che non aveva messo in conto era, appunto, la questione politica. Un paio di maschi rivali, organizzarono una bella assemblea con tutte le donne del partito. E lì per Roberta Pinotti si aprì il processo: «Ma come, aspetti un bambino e vuoi pure fare la campagna elettorale? Eh no carina, tutto non si può avere». Non avevano capito che, ancor prima di Obama, alla Pinotti piaceva il “yes we can”. «Ho girato col camper fino all’ultimo giorno. Caviglioni enormi e un po’ di mal di schiena, ma tutto si può fare. Erano i volontari, vecchi compagni che guidavano a turno il camper elettorale, ad aver paura che partorissi tra un comizio e l’altro. Si è votato il 13 maggio, la notte l’ho passata ad aspettare lo spoglio. Quella dopo, il 14, sono cominciate le doglie. Il 15, all’una e 30 del mattino, è nata Marta».Yes we can. O come diciamo a Roma: se ‘po ffa”.