“«GLI sguardi non me li dimentico. Curiosità, diffidenza, scetticismo, ironia. Si chiedevano se ce l’avremmo fatta noi ragazze a sopportare la vita militare… ». Il capitano dell’Esercito Anna Maria Polico se li ricorda così i suoi primi giorni all’Accademia di Modena: era il Duemila, e lei e le altre avevano vent’anni. Giovanissime, entusiaste. Le prime a varcare i portoni delle scuole militari, fino ad allora “santuari” maschili nell’Italia che stava per abolire la leva obbligatoria. Un’avanguardia nelle Forze Armate, dove le donne sono ancora rare, undicimila in tutto, poco meno del 4 per cento, tra Marina, Esercito, Aeronautica, Carabinieri. Storie di donne soldato. Che oggi comandano squadroni di blindati e compagnie di carabinieri, pilotano aerei o governano navi cacciamine. E insieme si raccontano. Per la prima volta. La vita con le stellette, le fatiche, i successi. La guerra e la pace. La carriera, in un universo secolarmente maschile. Le barriere, il pregiudizio. La voglia (o forse il sogno) di non rinunciare a famiglia e maternità”.
“Coetanee, poco più che trentenni, tutte con il grado di capitano, compagne di accademia. Come Anna Maria Polico, 34 anni, oggi allo Stato Maggiore dell’Esercito, dopo missioni in Libano e in Iraq, e il comando del «Savoia cavalleria di Grosseto». «I cavalli — dice — non ci sono più. Oggi il mio squadrone è fatto di 24 uomini che guidano i blindo Centauro. La missione più bella? L’Iraq, ma soprattutto il Libano, il nostro lavoro con le donne e con i bambini». O Emanuela Rocca, tra le prime tre donne in Italia ad essere arruolata nell’Arma dei Carabinieri, a capo della compagnia di Tivoli, e Lara Rizzo, pilota e capo equipaggio al 14esimo stormo di Pratica di Mare. E Claudia De Cesare, tenente di vascello, l’ufficiale più alto in grado sulla nave “Rimini”, attività di sminamento e antipirateria, al comando di un equipaggio quasi integralmente maschile. «A Livorno, in accademia, eravamo ragazzi e ragazzi e quindi le differenze non si sentivano. Sulla nave all’inizio invece la diffidenza era palpabile: di donne imbarcate non se n’erano mai viste. Ma è durato poco: quando hanno capito il mio modo di lavorare per tutti sono diventa solo e soltanto il comandante ». Racconta Emanuela Rocca, ex fiorettista, sette volte campionessa italiana, due mondiali alle spalle, una lunga attività di investigazione contro la tratta e la prostituzione. «Adoro il mio lavoro, sognavo di fare il carabiniere fin da piccola. All’inizio, non lo nascondo, è stata dura: per l’Arma le donne erano una rivoluzione, abbiamo faticato a farci accettare. Oggi invece proprio in casi delicati come gli abusi e le violenze, la presenza di una donna carabinie- aiuta le vittime a confidarsi. Il difficile è conciliare la vita familiare e il comando di compagnia, realtà territoriale che gestisce 210 militari. Ho una bambina di 8 anni, e faccio i salti mortali. Per fortuna mia madre vive con noi e il mio appartamento è proprio sopra la caserma. Così la sera se faccio tardi mia figlia scende e sta un po’ con me. E quando a scuola le hanno chiesto di rappresentare la sua famiglia, ha disegnato tutta la caserma… »”.
“Dice Roberta Pinotti, prima donna sottosegretario alla Difesa nella storia della Repubblica: «Le ragazze che scelgono la carriera militare sono determinate e preparate. Ma il punto fragile è la maternità: come fai se aspetti un figlio e comandi una nave o sei missione? Dobbiamo pensare ad un nuovo sistema di congedi. Ma la discriminazione verso le donne, francamente, l’ho sentita molto più in politica che nelle Forze Armate»”.
“Ma non deve essere stato facile. Lara Rizzo, pugliese, è una donna “top gun”. Single e innamorata del lavoro che fa. Medaglia nato per le operazioni “Isaf” in Afghanistan, 1446 ore di volo effettuate.«Paura? Sì, sempre, ma fa parte del nostro mestiere. Come l’emozione». Claudia De Cesare, sposata da due mesi, afferma che non rinuncerà alla famiglia pur desiderando una carriera al top: «Ammiraglio? Perché no. È questione di tempo…». Anna Maria Polico: «In Libano le donne mi vedevano e si avvicinavano, mentre avevano timore dei colleghi maschi. Le ho potute aiutare, nella tragedia della guerra. Un’esperienza che mi è rimasta nel cuore»”.
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