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Una donna a capo del The Guardian? Alan Rusbridger lascia

ROMA – Una donna a capo del The Guardian? Ancora non è nulla di certo ma le voci secondo cui la direzione della testata verrà presa da una donna stanno scaldando i bollori dei vertici. Di certo, per ora, c’è che Alan Rusbridger, da oltre 20 anni direttore del giornale, colui che ne ha fatto della rivoluzione digitale un cavallo di battaglia e ha portato il The Guardian ad essere uno dei giornali più letti al mondo, in estate lascerà la direzione per assumere la presidenza dello Scott Trust, società proprietaria del Guardian Media Group.

Non un addio, dunque, quello di Rusbridger al Guardian. Al massimo, una “promozione”. Ma la notizia che sta facendo il giro degli uffici del quotidiano è un’altra: a dirigere il Guardian potrebbe essere una donna. I nomi che circolano sono 2 e vantano di curriculum di tutto rispetto. Si legge sul Corriere della Sera:

“Lo scrive l’Independent, che indica tra le potenziali candidate Janine Gibson (nata nel 1972) che attualmente dirige theguardian.com. Si fa avanti anche un altro nome interno al giornale: Katharine Viner (del 1971), direttore responsabile dell’edizione americana e che è stata designata per lanciare anche l’edizione australiana. Tra gli outsider ci sarebbe invece l’editorialista Jonathan Freedland”

Una vita passata nel giornalismo quella di Rusbridger:

“Cronista reale Nato nel 1953, Rusbridger arrivò al “Guardian” nel 1979 come cronista e ne divenne direttore nel 1995 succedendo a Peter Preston. Nel mezzo persino un cameo come cronista reale, al seguito di Carlo e Diana durante il loro viaggio in Australia nel 1985. Poi, nel 1988, contribuì al lancio del supplemento Weekend del “Guardian”, che ha fatto scuola in Europa così come la sezione G2 nata dalla sua costola”

La sfida di Rusbridger con il giornalismo digitale:

“Con la direzione del giornale arrivarono altri cambiamenti: a partire dalla sfida del giornalismo digitale che Rusbridger ha abbracciato fin dai suoi albori e con la prerogativa mai mutata di non rinunciare all’accessibilità del web, per tutti. No ai paywall quindi e sì ad un investimento massiccio, posizione che ha suscitato anche perplessità e critiche nel settore”

Claudia Montanari

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