Separazioni ferme: la pandemia alimenta la violenza domestica
11 Giugno 2020 - di Claudia Montanari
Un altro effetto collaterale della pandemia è l’aumento della violenza domestica. La paralisi della giustizia come conseguenza della pandemia sta comprimendo in maniera pericolosa i diritti di migliaia di famiglie che attendono i provvedimenti di separazione.
A lanciare l’allarme è l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Ami (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani).
“Si calcola che ci siano almeno 25mila coppie che avevano depositato il ricorso poco prima del lockdown e che sono attualmente ancora sotto lo stesso tetto. Parliamo di separazioni giudiziali e consensuali. Questo alimenta la violenza domestica e le violenze intrafamiliari, un sistema lento che diventa egli stesso complice della violenza stessa”.
Pericolo di un aumento di violenza domestica
“Ci sono tante altre procedure che al momento sono ferme come assegni e minori per cui i primi ad essere penalizzati sono proprio i cittadini e non gli avvocati.
Servono misure urgenti per rientrare in tribunale perché i diritti dei soggetti deboli delle famiglie non possono più aspettare.
Bisogna organizzare nuovi locali e fare i turni, come sempre detto dalla Avvocatura.
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Non si tratta di una battaglia corporativa ma per i diritti civili. Questo è un paese che non può neanche davanti ad alla pandemia bloccare i diritti civili.
Coronavirus, aumento delle separazioni
Tra l’altro si prevede un aumento del 30% delle separazioni e si passerà dalle attuali 90mila alle oltre 120mila.
Questo lockdown, oltre a bloccare le procedure precedenti, paralizzerà quelle nuove per le coppie che proprio in questo periodo di convivenza forzata hanno capito che il loro matrimonio è finito.
Non è concepibile né un processo a distanza né tanto meno cartaceo per il diritto di famiglia, serve farlo in un tribunale, perché il linguaggio verbale è molto importante e perché i giudici così facendo possono cogliere alcuni importanti segnali o aspetti che a distanza sarebbe impossibile da fare”.
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