“Bianca come il latte, rossa come il sangue”, un film di formazione
5 Aprile 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – Leo ha sedici anni e muore dalla voglia di dichiararsi a Beatrice, una ragazza dai capelli rossi che frequenta il suo liceo; timido e maldestro, finalmente riesce a strapparle la promessa di vedersi a scuola, ma Beatrice in aula non tornerà più, perché la leucemia le ha compromesso la vita. Leo allora decide di prendersi cura di lei e di accompagnarla nella malattia… Tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro d’ Avenia, “Bianca come il latte, rossa come il sangue” si prefigge l’obbiettivo di essere un film di formazione, che racconta la storia di una crescita attraverso il dolore della malattia e della morte. Il regista varesino Giacomo Campiotti, a otto anni di distanza da “Mai + come prima”, torna nelle sale con una pellicola che affronta nuovamente delle tematiche legate all’adolescenza, verso cui dimostra una spiccata sensibilità. Cosa manca allora perché questo film diventi un piccolo “gioiellino” del cinema italiano, forte com’è di temi universali, struggenti ed interessanti? Probabilmente ciò che danneggia questa pellicola, che ha comunque degli ottimi spunti di sceneggiatura e alcune sequenze ricche di emozione, è un’eccesso di convenzionalità nel rappresentare stati d’animo e sentimenti, che finiscono per perdere di spontaneità. Malgrado ciò, “Bianca come il latte, rossa come il sangue” resta un film impegnato e soprattutto lodevole per la sua volontà di raccontare il lato meno spensierato, e per questo più taciuto, di quel periodo magico e ambiguo che è l’adolescenza.