“Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore, un film capolavoro da rivedere
24 Gennaio 2013 - di Claudia Montanari
ROMA – “Il camorrista” è il film d’esordio del pluripremiato regista Giuseppe Tornatore ed è probabilmente uno dei film italiani meglio riusciti sul tema della malavita; continuamente in bilico tra cinema americano d’azione e sceneggiata napoletana, l’opera è stata spesso criticata per la sua violenza e per il sentimento di emulazione che potrebbe generare in chi la guarda. “Il camorrista” è senza dubbio un affresco di sangue, violenza ed abominio, ma allo stesso tempo è un film avvincente che riesce a raccontare, con estrema lucidità, un periodo fosco e triste della storia italiana. La vicenda, tratta da un romanzo di Giuseppe Marrazzo ed ispirata alle imprese di Raffaele Cutolo, ruota tutta intorno all’irresistibile ascesa del “professore vesuviano”, che in carcere si fa una cultura, diventa capo della “camorra riformata” e tratta alla pari con politici, servizi segreti e affaristi di ogni genere. Ben Gazzarra regala al pubblico un’interpretazione memorabile del “professore” ed è attorniato da un gruppo di colleghi altrettanto validi, fra cui spicca senz’altro Leo Gullotta, che per il ruolo del commissario Iervolino vinse il David di Donatello come miglior attore non protagonista. Il Nastro d’argento come miglior regista esordiente fu invece vinto da Giuseppe Tornatore, che con questo film ha dato inizio ad una carriera sfolgorante e ricca di riconoscimenti; solo due anni dopo infatti vincerà, con “Nuovo cinema Paradiso”, l’Oscar al miglior film straniero, che lo consacrerà come regista e come “siciliano doc” agli occhi del mondo. Ed è anche per questo, per scoprire un’altra parte, non certo meno importante, del suo cinema, che andrebbe visto o rivisto “Il camorrista”, un film di grande impatto visivo e di ancora straziante attualità.