“La Grande Bellezza”, ecco come nascono i costumi della “Roma mondana”
21 Marzo 2014 - di aavico
ROMA – “I costumi vestono l’anima dei personaggi che li indossano. Attraverso l’immagine estetica degli abiti ho cercato di rappresentare il mondo interiore dei protagonisti del film”. E’ quello che spiega Daniela Ciancio, costumista de La Grande Bellezza, vincitore del premio Oscar come miglior film straniero. Tornata da Los Angeles la settimana scorsa, Daniela Ciancio ha appena concluso una mostra sugli abiti del film. Rientrata in Italia, è andata a trovare gli amici delle sartorie che hanno collaborato con lei per la realizzazione dei costumi.
“Annamode mi ha aiutato a realizzare gli abiti per la scena della presentazione della Santa ai capi di tutti gli ordini religiosi del mondo. Realizzare il costume dell’africano mi ha divertito molto – racconta sorridendo -, ricordo che abbiamo inondato la sartoria allestita per il film di rafie”. Sullo sfondo della città eterna viene raccontato il “vortice della mondanità”, tra feste e drammi interiori. Roma riesce ad esprimere tutta la sua bellezza e la sua decadenza allo stesso tempo, popolata da personaggi che ostentano e amano apparire. “Ho cominciato il mio lavoro dalla documentazione: mi sono ispirata alla pittura, ai libri di storia del costume, alle riviste, alla fotografia, anche alle immagini che scatto con il cellulare per strada quando mi colpisce qualcosa. Ho prestato attenzione ad ogni dettaglio, anche i figuranti del film sono stati personaggi da creare e caratterizzare attraverso gli abiti”.
“Nei miei costumi ci sono io, il mio sguardo critico sulla vita, il mio modo di vedere le cose. Il mio lavoro è quello di rappresentare il mondo interiore dei personaggi”, sottolinea Ciancio. “Il primo impatto dello spettatore avviene attraverso lo sguardo: dalla prima inquadratura si devono intuire subito le caratteristiche dei personaggi. Per questo sono importanti i dettagli, il modo in cui Jep Gambardella tiene la sigaretta in bocca, il taglio dei suoi abiti o la sua acconciatura. E’ un lavoro che si basa sull’attenzione ai piccoli particolari senza tralasciare mai la visione d’insieme. Per me, creare personaggi è come crescere dei figli, si crea subito un legame affettivo con quello che si rappresenta”.
“Mi ha affascinato molto il personaggio di Jep Gambardella. Per lui – spiega – mi sono ispirata al ‘gagà napoletano’, ad uno stile caprese e della costiera amalfitana anni ’60. Jep Gambardella è il re delle feste. L’utilizzo del colore è importantissimo per il suo personaggio. Per le giacche, ad esempio, ho utilizzato tonalità sgargianti su campiture neutre per far risaltare la brillantezza del colore. La forza del personaggio, infatti, si esprime anche nei suoi abiti e nei colori. Abbiamo utilizzato pantaloni bianchi, camicie a pois, il fazzoletto nel taschino, le pochette e particolare attenzione è stata data all’abbinamento della scarpa bicolore con i calzini chiari”. “Un altro personaggio a cui mi sono affezionata è quello di Ramona, interpretato da Sabrina Ferilli, perché è ‘un’anima pura’. La sua fragilità è espressa dal suo modo di vestire sempre fuori luogo: indossa magliette da ragazza anche se è un’adulta, si veste ‘chic’ per andare al ristorante o seminuda per una festa di artisti. Il mantello blu che è stato utilizzato nelle passeggiate oniriche per Roma, invece, è una mia creazione: le sarte del laboratorio allestito per il film – conclude – lo hanno realizzato in una notte”.