Coppie di conviventi: diritti, doveri e come tutelarsi a livello giuridico
9 Marzo 2014 - di Claudia Montanari
ROMA – Coppie di conviventi: come possono tutelare a livello giuridico i propri interessi e beni comuni? Nel caso in cui due persone scelgano di vivere insieme al di fuori del matrimonio come possono tutelarsi e far valere i propri diritti?
Il Consiglio Nazionale del Notariato ha realizzato, in collaborazione con 11 tra le principali Associazioni dei Consumatori, una guida dal titolo “La convivenza, regole e tutele della vita insieme” in soccorso proprio delle coppie di conviventi.
Si legge su Libero Quotidiano:
“Pubblichiamo le domande più frequenti raccolte nel documento.
1) Al convivente spetta qualche diritto sui beni del partner in caso di suo decesso? No. I conviventi che volessero riconoscersi diritti successori devono redigere un testamento (ciascuno deve redigere il proprio).
2) Al convivente spettano diritti sulla casa adibita a residenza comune? No, salvo che nei seguenti casi, nei quali la Corte Costituzionale ha riconosciuto al convivente: il diritto di subentrare nel contratto di locazione, in caso di morte del conduttore; il diritto di subentrare, in caso abbia in affidamento i figli, nel contratto di locazione in essere qualora cessi la convivenza. Si può ovviare al mancato riconoscimento di diritti sulla casa di proprietà di un convivente, trasferendo all’altro: un diritto di comproprietà sulla casa; un diritto reale di godimento (usufrutto o abitazione) sulla casa.
3) Possono i conviventi riconoscersi reciprocamente gli stessi diritti e assumere gli stessi obblighi che competono ai coniugi? No. I conviventi possono, attraverso accordi e/o contratti, disciplinare i soli rapporti patrimoniali (anche sulla suddivisione delle spese per il mantenimento dei figli) e alcuni limitati aspetti inerenti i rapporti personali (sono ammessi accordi sull’affidamento dei figli per il caso di cessazione della convivenza). Possono inoltre disciplinare, solo attraverso un testamento, i rapporti successori. Non possono regolamentare gli aspetti relazionali derivanti da un rapporto di convivenza (obbligo di fedeltà, coabitazione).
4) Quali sono i documenti che attestano la convivenza? Non esistono documenti «ufficiali » che attestino lo status di convivenza: essa può solo essere «dimostrata » (salvo quanto precisato, al punto 5, sui registri costituiti in alcuni Comuni). Ad esempio può essere dimostrata mediante un certificato di stato di famiglia (certificazione peraltro non sempre ritenuta di per sé sufficiente) o con un contratto di convivenza redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.
5) L’iscrizione a un registro eventualmente costituito dal Comune attribuisce particolari diritti ai conviventi? No. Il riconoscimento di simili diritti è competenza esclusiva della legislazione statale (che li riconosce attualmente solo alle persone coniugate). L’iscrizione a simili registri può rivelarsi utile per dimostrare lo «status» di convivente, in tutti quei casi nei quali norme di legge ovvero la giurisprudenza riconoscono particolari diritti anche ai conviventi. Se questi ultimi vogliono riconoscersi reciproci diritti di carattere patrimoniale, possono ricorrere solo a singoli contratti di diritto civile (donazione, cessione, comodato, altro) o a un contratto di convivenza.
6) Come possono tutelarsi reciprocamente due conviventi? Attraverso il contratto di convivenza, grazie al quale è possibile disciplinare: le modalità di partecipazione alle spese comuni (nel caso entrambi percepiscano dei redditi); l’assunzione da parte di un convivente dell’obbligo di mantenimento dell’altro (qualora uno solo dei due percepisca un reddito e l’altro si dedichi al lavoro domestico ealla cura del partner e di eventuali figli, o collabori all’at – tività imprenditoriale o professionale del primo); i criteri di imputazione dei beni acquistati durante la convivenza (ad esempio stabilendo che essi debbano considerarsi di proprietà comune); lemodalità d’uso della casa adibitaaresidenza comune; le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza.
7) Perché si dovrebbe ricorrere al contratto di convivenza? I conviventi con contratto si assumono dei veri e propri obblighi giuridici e si riconoscono anche dei reciproci diritti. Pertanto ciascun convivente non è libero di mutare il proprio comportamento, altrimenti l’altra parte potrà rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta.
8) Che durata hanno i contratti di convivenza? La durata «naturale» del contratto di convivenza coincide con quella del rapporto. Ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a produrre i loro effettiapartire dalla fine della convivenza: si pensi a tutti gli accordi che definiscono i reciproci rapporti patrimoniali in caso di rottura del rapporto.
9) In che modo le parti possono decidere di interrompere un contratto di convivenza? Il contratto di convivenza può essere sciolto per mutuo consenso (e cioè grazie a un nuovo accordo tra le medesime parti) o per le cause ammesse dalla legge. Ciascun partner potrà chiedere, ad esempio, la risoluzione del contratto di convivenza in caso di inadempimento dell’altro partner, purché non di scarsa importanza, o per sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta. Inoltre le parti potranno riservarsi, con apposite clausole inserite nel contratto di convivenza, la facoltà di recesso.
10) Che facoltà ha un convivente in caso di malattia grave del partner? Ha, in generale, le facoltà che competono a un familiare. Tuttavia si può verificare una oggettiva difficoltà nell’esercitare tali facoltà, dovuta alla mancanza di un sistema di pubblicità della convivenza e conseguentemente di documenti ufficiali che attestino lo status di convivente. Può essere, quindi, opportuno rilasciarsi reciproca delega all’assistenza sanitaria e alla possibilità di conoscere ogni dato o informazione, anche sensibile, riguardante lo stato di salute, le cure e le terapie cui il proprio partner venga sottoposto.
11) Che facoltà ha un convivente in caso di incapacità del partner? La persona che, per effetto di una infermità o di una menomazione, si trova nell’incapacità di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. Benché in mancanza di designazione il giudice, nella nomina dell’amministratore di sostegno per persone non coniugate, debba preferire «la persona stabilmente convivente», appare consigliabile procedere alla designazione reciproca per evitare incertezze.
12) In quale situazione si trovano i figli nati nella convivenza? Non c’è più alcuna differenza tra i figli nati nella convivenza e i figli nati nel matrimonio: «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico».
13) I figli nati nella convivenza possono essere riconosciuti? Sì, possono essere riconosciuti dalla madre e dal padre, tanto congiuntamente quanto separatamente: nell’atto di nascita; con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti a un ufficiale dello stato civile; in un atto pubblico o in un testamento. La paternità e la maternità possono anche essere dichiarate giudizialmente.
14) La responsabilità genitoriale sui figli minori spetta a entrambi i genitori conviventi? Sì, se entrambi hanno effettuato il riconoscimento. Se lo ha effettuato solo un genitore, sarà l’unico cui spetterà la responsabilità genitoriale sul figlio riconosciuto.
15) I conviventi possono stipulare accordi sui loro rapporti con i figli? Sono possibili accordi per regolamentare i rapporti patrimoniali su mantenimento, istruzione, educazione dei figli, posto che grava su entrambi i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole (art. 30 Costituzione).