Roma: prostitute marchiate a fuoco da protettori
15 Maggio 2012 - di luiss_vcontursi
ROMA – Un’altra tristissima storia di sfruttamento delle donne è andata in scena a Roma: ragazze attirate in Italia con la promessa di un lavoro stabile, private dei documenti e messe in palio nei giochi d’azzardo per poi essere marchiate a fuoco con le iniziali dello sfruttatore. Così venivano ridotte in schiavitù e fatte prostituire alcune giovani donne romene.
A scoprirlo sono stati i carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Tivoli che hanno arrestato 11 persone (tre donne e otto uomini, tutti romeni), ritenute responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione.
Gli aguzzini esercitavano sulle vittime poteri corrispondenti al diritto di proprietà, approfittando di una situazione di inferiorità psichica, dell’estrema povertà delle famiglie d’origine e privandole della libertà personale, sottoponendole a un forte stato di soggezione psicologica e alla coercizione fisica. Per una ragazza i segni rimarranno indelebili: circa tre anni fa è stata infatti marchiata a fuoco con l’iniziale del nome del suo sfruttatore.
Le indagini, condotte dal Nucleo Operativo di concerto con la Procura di Roma e avviate nell’estate del 2011, hanno evidenziato che l’organizzazione vedeva in cima alla piramide marito e moglie, romeni, ‘proprietari’ di un tratto di via Aurelia pagato due anni prima 10mila euro a cui facevano capo i singoli sfruttatori che, per poter far prostituire le donne su quel tratto di strada considerato molto redditizio, dovevano pagare ai coniugi 50 euro al giorno.
Oltre che sul’Aurelia, le vittime venivano fatte prostituire sulla Tiberina, Casilina, Palmiro Togliatti e Tiburtina. Durante le ore lavorative, per impedire qualsiasi fuga o libertà di movimento, le donne erano sorvegliate continuamente, attraverso un servizio di ronda serrata e ininterrotta che veniva svolta nei luoghi dove le giovani adescavano i clienti e nelle vie limitrofe, anche al fine di contabilizzare la durata delle prestazioni.
Le indagini hanno permesso di far luce su alcuni episodi di violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti delle donne che volevano sottrarsi ai loro persecutori. Inoltre i militari hanno scoperto che una donna, colpevole di aver tradito il marito con il cugino di quest’ultimo, era stata condannata dagli altri a prostituirsi e a darne i proventi al coniuge. Le tre donne fermate sono state portate nel carcere di Rebibbia, i sette uomini a Regina Coeli.