A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: Croissant o Cornetto?
2 Marzo 2016 - di mlantermino
Roma – A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: Croissant o Cornetto?
(a cura di Maria Antonella Calopresti).
Quarto appuntamento con il Maestro Riccardo Scevaroli. Dopo il Lievito Madre, il Lievito di Birra, la Biga e il Poolish , la Viennoiseries oggi ci parla dei Croissant e dei Cornetti.
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Croissant o Cornetto?
Bella domanda, qualcuno li considera lo stesso prodotto altri ne apprezzano le differenze. La differenza sostanziale tra il croissant francese e il cornetto all’ italiana sono le uova come liquido di idratazione d’impasto, assenti nel primo e presenti nel secondo.
Anche il risultato finale è diverso, il croissant francese è più croccante e con un sapore di burro marcato rispetto al gemello italiano più morbido e alveolato e con un sapore di burro meno intenso.
Abbiamo visto il ruolo delle farine e parlato dei liquidi (uova, latte, panna, acqua), dato qualche spunto sui ruoli dello zucchero e di eventuali sostituzioni con miele e zucchero invertito, per cui dedichiamo un piccolo spazio alla materia grassa che è fondamentale per una buona sfogliatura (lievitazione fisica).
Le materie grasse principalmente usate nei lievitati sono burro, margarina e mélange (mix burro/margarina). La scelta fra le 3 materie grasse viene fatta in funzione del sapore e della struttura finale ricercata. Le materie grasse sono un ottimo fissatore di aromi e sapori (grazie alla presenza di diacetile), consentono una più lenta essicazione del prodotto, e se contenenti lattosio partecipano al colore finale post cottura grazie alla reazione di Maillard in cui viene coinvolto il lattosio.
Burri e margarine in commercio a seconda della classificazione data dai produttori hanno usi differenti a seconda del loro punto di fusione.
Il burro quotidianamente utilizzato ha un punto di fusione in un range di 28-32°C ed è tecnicamente usato in pasticceria come burro da impasto. Esistono specifici burri da laminazione (burro frazionato) che hanno un punto di fusione intorno ai 34-36°C che danno eccellenti risultati nella sfogliatura e sopportano meglio di un burro da impasto lo stress da laminazione.
Ci sono infine le margarine, quelle di qualità ovviamente, i cui punti di fusione si attestano intorno ai 38°C che trovano comunque frequente applicazione negli sfogliati per la maggiore capacità di reggere stress da laminazione e tempi ristretti di realizzazione del prodotto.
Inutile dire che più scadente sarà una margarina e più alto sarà il suo punto di fusione (oltre la temperatura corporea) per cui a differenza di un burro che arriverà in stato liquido nel nostro stomaco pronto per essere digerito dai succhi gastrici, la margarina arriverà non perfettamente sciolta per cui i succhi gastrici potranno digerirla con una azione prolungata
A lungo andare questo meccanismo indebolisce le pareti dello stomaco e provoca irritazione e bruciore delle mucose pertanto sconsiglio vivamente l’uso di margarine di bassa qualità…..la qualità e la salute delle persone prima di tutto. Persino i sapori ne risentono fortemente usando una margarina di bassa qualità perché rispetto ad un burro che sciogliendo rilascia i suoi aromi e prolunga il tempo di percezione del gusto sulle papille, una margarina di bassa qualità ha l’effetto contrario.
Se decidete di usare una margarina potete farlo, ma usate prodotti di alta qualità, in ambito pasticceria esistono marche famose le cui margarine hanno caratteristiche per nulla invidiabili ai migliori burri, personalmente comunque preferisco usare un ottimo burro di qualità.
Anche nella scelta di un buon burro ritengo importante fare un distinguo fra i due metodi per ottenere il burro: affioramento e centrifugazione.
Burri da centrifugazione sono quelli ottenuti per “zangolatura” oggi fatta con mezzi meccanici e in maniera rapida, si ottiene un prodotto di alta qualità con una bassa acidità ed una bassa carica batterica vista la rapidità del processo.
Una tabella per confrontare
Le quantità sono per 12 o 15 croissant per regolarvi con le quantità fornite.
Come vedete dal confronto entrambi si assomigliano molto a meno dell’idratazione che nel cornetto rispetto a un croissant francese originale è data dalle uova nell’impasto. Molti si chiederanno il ruolo del latte in polvere nella versione francese, essenzialmente serve per fornire grassi di latte che daranno sofficità al prodotto che tendenzialmente risulta essere più asciutto e croccante rispetto all’equivalente italiano; apporta anche lattosio che in cottura con la reazione di Maillard partecipa alla colorazione finale dell’impasto.
Il procedimento di preparazione del cornetto è di per sè quello già visto in precedenza per la pasta danish ma lo ripercorriamo insieme per rinfrescare la memoria.
Impastare in planetaria i solidi, aggiungere lentamente i liquidi e lavorare fino a ottenere un impasto liscio, sodo e legato. Aggiungere lentamente il burro cremoso e lavorare fino ad assorbimento.
Mi raccomando, attenzione all’assorbimento della farina soprattutto per la versione francese che ha minore idratazione di quella italiana, se fosse necessario tenetevi da parte 10 g di acqua aggiuntivi qualora vi accorgete che l’impasto necessita di un po’ più di liquido per prendere il punto di corda prima di procedere all’inserimento del burro.
Lasciare lievitare a 24-26°C per circa 2 ore con umidità elevata (circa 75%) e nel frattempo stendere il burro in placca ad uno spessore di 7 mm circa e mettere in frigorifero a riposo.
Una volta passate le 2 ore, mettete l’impasto in frigorifero a maturare per minimo 4 ore, meglio 10-12 per un mix aromatico migliore.
Passato questo tempo possiamo procedere alla sfogliatura come per la pasta danish.
Si stende la pasta a rettangolo (spessore circa 1 cm), si posa il burro sui 2/3 della superficie ed effettuare una piega a 3, con la parte senza burro verso il centro e quella con il burro sopra di lei per incassare il burro. Laminare facendo 3 giri di pieghe da 3 (altrimenti dette pieghe semplici) tenendo lo spessore della pasta a circa 1,5 cm e con un riposo fra ciascuna delle pieghe di 30 minuti in frigorifero. Il riposo è molto importante per evitare di avere una pasta nervosa che si ritrae ma soprattutto per consentire al burro di riprendere la giusta consistenza prima di una ulteriore lavorazione
Dopo la terza piega far riposare ancora 30 min in frigorifero e poi stendere la pasta il più sottile che potete (a circa 3-4 mm di spessore), tagliare e dare la forma voluta (generalmente triangolo di altezza 20 cm per 8 di base).
Sapendo la difficoltà di tirare a mattarello su quello spessore unita al burro casalingo che regge poco una lavorazione prolungata anche se la pasta viene 5-7 mm per un prodotto casalingo è più che accettabile
Stirate con la mano il triangolo un poco, mettete un pollice sulla punta per fissarla al tavolo e arrotolate la forma tirando sempre un poco verso di voi mentre arrotolate per un miglior risultato.
Fate lievitare per 2-3 ore a 24-26° C in presenza di umidità (per impedire che si faccia la crosta superficiale).
Lucidare con la doratura di uova e latte con un pizzico di sale e cuocere per 18-20 minuti circa a 190-200° C
A fine cottura lucidare con sciroppo di zucchero
Per i forni ventilati tenete sui 180°C
Dopo 6-8 minuti aprire leggermente lo sportello per scaricare l’umidità o per chi ha forni professionali, valvola aperta.
Vi chiederete perchè non si farcisca subito e mandi in cottura con la farcitura (per esempio marmellata o confettura)
La confettura con la ricottura tende a diventare gommosa e quindi si preferisce farcire in seconda battuta a cottura ultimata. Alcune paste di nocciola e cioccolato non sopportano una cottura e tendono a granire e ad assumere un gusto amarognolo, anche in questo caso si farcisce sempre post cottura per avere la certezza del sapore e consistenza cercati. Entrambe le preparazioni possono essere congelate a formatura avvenuta e prima dell’ultima lievitazione per circa 15 giorni per avere i risultati migliori. Potete quindi tirarli fuori dal congelatore e lasciare qualche ora a lievitare (ce ne vorranno circa 6) tenuto conto che si devono riprendere i lieviti dalla temperatura di abbattimento in negativo fino a lievitazione completa.
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