Il Pesto Genovese non si tocca
25 Ottobre 2015 - di mlantermino
Genova – Il Pesto Genovese non si tocca.
Il Pesto Genovese, tipico condimento della tradizione ligure, rischia ancora una volta di essere svalutato.
Cominciamo col dire che spesso in commercio, con la dicitura di pesto “alla” genovese, si trova di tutto: pesto preparato con ricotta, anacardi, olio di semi e molti altri ingredienti che nulla hanno a che vedere con la vera salsa genovese.
Ed è proprio quel “alla genovese” che deve mettere in guardia e portare a leggere bene l’etichetta del prodotto, perché “alla” in questo caso vuol dire tutto e niente.
Solo “PESTO GENOVESE” indica la vera ricetta del pesto tradizionale con i 7 ingredienti contemplati dal Consorzio e garanti di un antico retaggio regionale, quali: Basilico genovese DOP, Olio extravergine d’oliva, possibilmente della Riviera Ligure, Parmigiano Reggiano (con variante Grana Padano) e Pecorino (fiore Sardo), Pinoli, Aglio, Sale.
Ma come si apprende da Edoardo Meoli sul Secolo XIX, storico quotidiano di Genova, il Pesto Genovese rischia di essere snaturato, ed è subito terremoto tra gli operatori gastronomici della città delle Lanterna.
Qualche giorno fa il biologo Jonathan Slaght, dalle colonne del New York Times, ha invitato il mondo intero a non usare i pinoli per fare il pesto, al fine di salvaguardare le foreste di pini di Corea e Siberia, minacciate dallo sfruttamento intensivo.
Ma dal capoluogo ligure gli operatori del settore rispondono con un categorico NO.
Prima fra tutte la Signora Teresa Mantero, esperta “pestologa” della nota rosticceria genovese “Solferino”:
“Il pesto senza pinoli semplicemente non è pesto, ditelo agli americani. Chiamate l’ambasciata se serve. Ma il nostro prodotto non si può trattare così”.
Mentre Paolo Cavassa, amministratore delegato di Novella, uno dei più noti produttori di pesto alla genovese dichiara:
«Noi usiamo i pinoli e non ci sono altre soluzioni, non vorrei che dietro le parole di Slaght ci fossero i produttori di noci della California. Noi i pinoli li acquistiamo in Italia, soprattutto nel Grossetano e nel Pisano, altro che Siberia».
Dal pastificio Perla di Santa Margherita, non hanno dubbi:
«Detto che si può produrre e fare qualsiasi cosa e che sarà il mercato a premiare il produttore, bisogna chiamare le cose con il loro nome e il pesto genovese è quello fatto con i pinoli. Poi a livello industriale si possono usare altri ingredienti per risparmiare, ma il risultato finale è diverso. Noi i pinoli li acquistiamo in Italia e se proprio non se ne trovano, come capita a volte, li importiamo dalla Turchia. Mai visti quelli della Siberia».
Infine Roberto Panizza, inventore del Campionato Mondiale del Pesto:
«Rispettiamo pure i pinoli russi. Ma noi li raccogliamo in Italia da 2000 anni e continuiamo a farlo. E’ giusto difendere l’ambiente ma il pesto non c’entra niente. Il pesto senza pinoli non è pesto. E’ un problema culturale».