Non solo spaghetti, 8 tipi di pasta da provare
Non solo spaghetti. La tradizione italiana è ricca di tipi di pasta che sono meno conosciuti in Italia e nel mondo, ma non per questo meno buoni. Omio, la piattaforma di viaggio multimodale che in Europa, Stati Uniti e Canada supporta per esplorare il territorio in treno, autobus, aereo e traghetto, ha selezionato i tipi di pasta meno conosciuti d’Italia. Ecco la lista.
I cjarsons, o cjalzons, sono tipici della regione della Carnia ma si possono gustare in tutta la regione. Simili come forma ai ravioli, sono una pasta fresca a base di farina di grano tenero e acqua, e un ripieno caratterizzato da un contrasto di sapori dolci e salati. Appartenenti alla tradizione povera, un tempo venivano farciti con ciò che si aveva a disposizione in casa, come spezie o erbette, ma anche con ingredienti dolci come cacao o marmellata. Un’antica leggenda racconta che un folletto molto goloso, fu sorpreso dalla padrona di casa a rubare la panna che affiorava dal latte appena munto. Il folletto decise, per farsi perdonare, di insegnarle la ricetta dei cjarsòns.
Un tipo di pasta ripiena particolarmente diffuso in Piemonte, in particolare nella provincia di Asti e Alessandria, nella zona del Monferrato. Se vi recate in Piemonte non chiamateli ravioli! Per la loro forma e le loro dimensioni, a un occhio esperto questa pasta si distingue infatti molto bene. Viene solitamente preparata con un ripieno a base di carne e viene servita con condimenti come di sugo d’arrosto, burro e salvia oppure al pomodoro. Molti preferiscono consumare gli agnolotti in brodo.
In Liguria esiste una ricetta, antichissima, tutta da scoprire: i testaroli. Apparentemente semplice, tipica della tradizione povera contadina della Lunigiana, questa pasta non solo era presente già nell’antica Roma, cotta a legna con un metodo affascinante, ma oggi è anche Presidio Slow Food. Il loro nome deriva dal “testo”, una teglia che si usa sulla brace: appoggiato su una griglia, viene usato per cuocere a fuoco vivo un impasto liquido di farina, sale e acqua. Come per una crêpe, si aspetta che la pentola sia calda e si versa la pastella, si lascia rapprendere leggermente e poi si fa cuocere con il coperchio. Alla fine, il disco ottenuto ha un aspetto leggermente spugnoso, che viene lasciato asciugare e poi tagliato grossolanamente.
Parliamo di una pasta lunga tipica del Veneto, dove sono detti in dialetto “bigoi”. Molto simili agli spaghetti ma più grossi e ruvidi. Nella ricetta originale venivano realizzati tramite l’uso di macchinari a torchio e originariamente consistevano in un mix di grano duro e grano tenero, acqua e sale. Esistono diverse ricette e preparazioni determinate dai tipi di farina e dal condimento: si passa dai bigoli all’anatra, al ragù di carne, alla salsa di acciughe fino alla variante fatta con la farina saracena.
Tipica delle zone di Modena e Bologna, la gramigna assomiglia a un bucatino corto arricciato ed è spesso soprannominata anche “paglia e fieno” per via dei suoi due colori: il giallo della semola di grando duro e il verde dell’impasto che contiene anche gli spinaci. La troverete spesso nella variante con il ragù di salsiccia, deliziosi!
In Campania, i formati tipici sono tantissimi, difficile fare una scelta. Tra questi spiccano le mafalde, meno noti rispetto ad altre tipologie. Chiamate anche Reginelle, sono molto riconoscibili grazie al loro aspetto “merlettato” e devono il loro nome a Mafalda di Savoia, per la cui nascita, nel 1902, vennero create la prima volta. A Napoli era considerato “o’ piatto d’e feste” e ancora oggi viene preparato in occasioni speciali.
Originarie delle Marche, le lumachelle, dette anche passatelli in altre zone, sono cilindretti composti da un impasto ricco a base di parmigiano, pangrattato, uova, farina e noce moscata. Vengono mangiati solitamente in brodo di cappone o arricchiti nell’impasto con le spinaci. L’origine di questa pasta va indietro nella storia fino al Rinascimento, quando pare fosse particolarmente apprezzato dalle famiglie nobili di Urbino dell’epoca.
In Umbria si possono assaggiare gli strangozzi o pici, una pasta fresca all’uovo legata alla tradizione povera. Ancora oggi, tradizione vuole che la sfoglia si stenda a mano in modo vigoroso fino a uno spessore di 2 millimetri per poi tagliarla in strisce lunghe 30 cm. La particolare consistenza porosa di questa specialità consente di trattenere molto bene qualsiasi tipo di condimento di carne o vegetariano. FONTE: ANSA.
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