Turisti a Roma: cibo locale ma low cost, prima spendevano 50 € a testa, ora 30
26 Agosto 2014 - di aavico
ROMA – Menù con piatti rigorosamente romani, ma sempre alla ricerca del low cost. Sono i turisti che riempiono i ristoranti di Roma ma che tuttavia, pur rispettando i menù, ordinano secondo la loro nazionalità, così come diverse sono le richieste che, tassativamente in lingua inglese, i ristoratori della Capitale, si sentono fare.
La media dei conti non eccede, trenta euro a persona, mentre fino a cinque anni fa, superava tranquillamente i cinquanta euro. Poi ci sono le eccezioni: arabi e russi, gli unici a farsi guidare in tutto e per tutto nel menù dai ristoratori e i pochi a non storcere il naso a fine pasto quando, posata la forchetta, devono mettere mano al portafogli.
Camilla Mozzetti per Il Messaggero racconta le abitudini culinarie dei turisti a Roma:
DALL’EST I turisti dagli occhi a mandorla amano condividere ogni piatto. «Ordinano più portate, magari un antipasto, un primo e un secondo – spiega Gianfranco Contini che gestisce da anni un noto ristorante nel cuore di Trastevere – poi però se li fanno portare tutti insieme e li dividono tra di loro, sovvertendo qualsiasi tipo di ordine che la nostra tradizione impone. Soprattutto: adorano la pasata cacio e pepe». Non si limitano nell’ordinare anche gli argentini e i brasiliani. «Amano assaporare tutto quello che la gastronomia romana rappresenta, ma non ordinano mai piatti singoli per ognuno», aggiunge Saverio Cicazzo, altro ristoratore del Tridente. Un altro piatto per cui i giapponesi vanno poi pazzi, è la trippa alla romana. «Conosciuta nel loro paese ma naturalmente preparata in modo diverso da noi», analizza Francesco Mariani, titolare di un locale a Testaccio.
GLI EUROPEI Notevolmente più esigenti, e di gran lunga meno accomodanti, i gusti dei turisti europei, con l’unica eccezione per gli inglesi. Stando alle ordinazioni che molti ristoratori si trovano a segnare, i danesi vanno matti per la carbonara e per i rigatoni alla crema di carciofi romaneschi, piatto che la stessa sovrana Margherita II, ha gustato, nel 2012, in un ristorante di Testaccio restandone entusiasta. Gli spagnoli, al contrario, raramente ordinano il primo. C’è chi va matto per la coda alla vaccianara, che ricorda la loro “rabo de toro”, la coda del toro per l’appunto, che viene cucinata alla fine di ogni corrida, mentre per antipasto chiedono del semplice formaggio, lo stesso con cui i francesi, invece, dopo aver gustato grigliate d’interiora, comandano per chiudere il pranzo al posto del dessert. Infine i tedeschi, scartate le verdure, chiedono come “contorno” per un secondo un bel piatto di pasta. De gustibus – d’altronde – non est disputandum.
IL CAPPUCCINO E passando oltreoceano, gli statunitensi restano famosi per il tipo di bevande che scelgono. “Acqua gassata, anzi gassatissima con tanti cubetti di ghiaccio pure che sia pieno inverno”, spiega Luigi, cameriere di un locale al Pantheon. E poi l’intramontabile cappuccino cremoso, sorseggiato tra un piatto e l’altro e in chiusura al posto del caffè. Scarsa attenzione, invece, per i dolci. Bene la panna cotta per i giapponesi e il tiramisù per gli statunitensi, ma la golosità straniera veste gli abiti solo del salato.