10 storie “Appassionate”: viaggio nell’imprenditoria femminile di Filomena Pucci
3 Febbraio 2015 - di Daniela Lauria
ROMA – Impresa, sostantivo femminile. Come Marina Cvetic, la “regina del Montepulciano” oggi alla guida dell’azienda vinicola Masciarelli. Elena Favilli e Francesca Cavallo, fondatrici della rivista digitale per bambini Timbuktu, che lo scorso anno si è guadagnata il titolo di migliore al mondo. Giulia Lovato e sua madre Mirka che con la loro fattoria sociale in Veneto si sono aggiudicate l’Oscar green Coldiretti. E poi Antonietta Tummolo che produce occhiali in Lucania e Iole Siena, organizzatrice di eventi esclusivi per il settore mostre di Arthemisia. Arianna Visentini, fondatrice di un’agenzia di consulenza del lavoro e Maria Grazia Andali, ideatrice di una piattaforma online che mette in contatto designer e produttori. Daniela Ducato che produce isolanti termici per l’edilizia, fatti con la lana di pecora. Maria Fermanelli, che produce pane per celiaci o Lucia Iraci, con i suoi esclusivi saloon di bellezza che per pochi euro rifanno il look (abito in prestito compreso) alle ragazze alle prese con un colloquio di lavoro.
Dieci storie (più una) di impresa al femminile. E’ di questo che parla Appassionate, di Filomena Pucci. Un reportage sulle donne che non si sono arrese, che non hanno voltato le spalle alla loro passione e ne hanno fatto anzi un progetto di vita. Appassionate, appunto. E non è affatto un manuale di istruzioni per aspiranti self-made women ma un ricco e tormentato viaggio interiore in cui la stessa autrice riscopre sé stessa attraverso l’incontro con ognuna delle sue eroine.
Filomena Pucci è un’ex autrice televisiva che, allo scadere dell’ennesimo contratto di lavoro, è sprofondata sul divano di casa sua. Un bel giorno, dopo due anni di disoccupazione, ha afferrato un vecchio post-it appeso al muro della sua cucina e lo ha letto (davvero) per la prima volta: “Quello che ti piace fare è la cosa che sai fare meglio”. E così, con quel mantra in testa, si è messa in viaggio: per sette mesi è andata su e giù per l’Italia a incontrare, raccogliere e documentare l’avventura di 10 donne già riuscite in quell’idea, l’impresa di trasformare una passione in lavoro.
Ha rastrellato storie e precetti e ha messo insieme il suo personalissimo breviario del successo. Passo dopo passo, il libro fotografa questi incontri come un reportage. Ogni capitolo è un programma di vita: “Pendersi cura dell’idea”, “Mettere le gambe ai sogni”, “Leadership della vulnerabilità”, “Successo: voce del verbo succedere”, ma racconta anche l’evoluzione di una donna che scrivendo rivoluziona il suo stesso approccio esistenziale.
Intervistata dall’Ansa, Filomena Pucci, spiega perché secondo lei il “futuro è donna”:
”Non è una rivendicazione di genere. I dati Unioncamere, pur con soli due rapporti sulle imprese al femminile, dicono che su 6 milioni e 600 aziende, in Italia quasi un milione e mezzo sono guidate da donne, ovvero un terzo del nostro Pil. Ciò non vuol dire che tutte le donne siano originali creatrici di lavoro, ma, ad esempio, ho scoperto che le imprese femminili falliscono di meno. Probabilmente perché le donne tengono duro di più. È l’approccio al lavoro che è diverso e il prodotto diventa prima di tutto un prodotto di senso, come per Maria Fermanelli, che produce pane per celiaci e non perché qualcuno in famiglia abbia questo problema. O la Iraci, che paga di più i dipendenti perché siano sereni a lavoro. Un fenomeno nascente a tutte le latitudini”.
Non solo esempi di imprenditoria che resiste alla crisi, dunque, ma la volontà di tracciare nuove strade seguendo i valori umani, emotivi, etici del creare lavoro. Quanto alle discriminazioni di genere, l’autrice osserva,
”Purtroppo in Italia ce n’è ancora molta – risponde l’autrice – La stessa Cvetic cita le lunghe anticamere in banca alla morte del marito. Appassionate, però, vuole dimostrare che certi argomenti non sono impliciti nella donna. La cura si impara esattamente come la gestione di un business plan. La differenza sta nel farlo alla maniera maschile o femminile. Ancor più in questo periodo di crisi le donne stanno raccontando al mondo il loro punto di vista, trovando nel lavoro il loro spazio. Lo fanno alla loro maniera: smuovendo le montagne, se necessario, e senza spostarsi dalla linea di quello che vogliono fare, che è molto vicina alla linea del cuore”.
Il libro, che è subito schizzato in cima alla classifica delle migliori novità della sezione business di Amazon, è anche una miracolosa storia di crowdfunding. Per finanziarsi Filomena Pucci ha avviato una campagna sulla piattaforma europea Ulule. In pratica è una raccolta fondi online: dopo aver presentato la propria idea alla rete, si stabiliscono un budget e una data di scadenza. Al termine della quale la piattaforma gira il denaro raccolto sul conto corrente dell’interessato in cambio di una piccola percentuale, in genere il 5%. All’appello di Filomena hanno risposto non solo parenti e amici, ma anche perfetti sconosciuti, grazie ai quali ha potuto finanziare le sue trasferte e portare a termine la sua “impresa”.
Al termine del suo viaggio, conclude,
”ho capito che le donne che fanno impresa ci sono già e che molti uomini sono pronti a parlare la nostra lingua. Anzi, abbiamo l’onere e l’onore di portare parole nuove nel mondo del lavoro. E su questo abbiamo un vantaggio di almeno 10 anni”.