Christiane F, lo “Zoo di Berlino”, figlio. Esce “La mia seconda vita”
9 Ottobre 2013 - di Claudia Montanari
BERLINO – Si chiama Christiane Vera Felscherinow ma è conosciuta in tutto il mondo con lo pseudonimo di Christiane F. È l’autrice del libro “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” pubblicato per la prima volta nel 1978 e successivamente tradotto in 18 lingue. Un vero e proprio successo mondiale. Un racconto autobiografico che descrive la drammatica vita dei ragazzi del sobborgo berlinese di Gropiusstadt. La loro tossicodipendenza, la prostituzione. Da quel libro ne fu tratto anche il famosissimo film “Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”. Oggi Christiane F pubblica “La mia seconda vita”, un secondo libro dedicato agli anni successivi della sua esistenza.
La storia di Christiane F. la racconta oggi Paolo Lepri sul “Corriere della Sera”:
“La stazione dello Zoo, dove Christiane F. si prostituiva a tredici anni per comprare eroina, è ancora quella di un tempo. Malridotti sottopassaggi giallastri, venditori di currywurst, spigolosi passanti che non guardano mai nessuno in faccia. Sul lato posteriore di questo affumicato catafalco ferroviario, che il Land ha finalmente deciso di rimodernare completamente, i barboni fanno la fila, una bottiglia di birra in mano, nel centro di accoglienza della Jebenstrasse . A pochi metri da loro si è insediata la fondazione Helmut Newton: un palazzo imponente in cui sono esposti i ritratti sadomaso della beautiful people scattati dal fotografo tedesco trapiantato in California”.
Le tragiche storie che si intrecciavano in quei sobborghi berlinesi ce le ha raccontate proprio Christiane F. nel libro “Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino”. Scrive Paolo Lepri:
“Molte lacrime sono state versate, trentacinque anni fa, sull’esperienza di questa ex bambina finita nell’abisso della tossicomania. Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, fece aprire finalmente gli occhi a tutti coloro che non si immaginavano la quantità di degradazione esposta nelle viscere di una metropoli. Christiane, un padre violento che la maltrattava, abitava nei casermoni modernisti della Gropiusstadt, il quartiere satellite progettato dal fondatore del Bauhaus e diventato un villaggio di rabbia ed emarginazione. Hashish a dodici anni, eroina a tredici, poi il corpo in vendita per procurarsi le dosi quotidiane. «A tredici anni era un modo per riconoscermi, per appartenere ad un gruppo. Poi è diventata una vera e propria malattia. Se ne prende sempre di più, per affrontare le sofferenze fisiche prodotte dalla dipendenza», sono le sue parole di oggi. La sua vicenda sarebbe rimasta nell’ombra, relegata per sempre nel microcosmo della stazione, se due reporter di «Stern», Kai Hermann e Horst Rieck, non le avessero fatto raccontare ciò che gli altri erano determinati a fingere di non vedere. Il libro uscì insieme al settimanale, poi diventò un caso planetario.”.
Ora, a 35 anni dall’uscita di quel famoso libro, esce la “seconda vita” di Christiane F. Si legge sul Corriere della Sera:
“Della «seconda vita» di quella che i tabloid hanno definito «la drogata più famosa del mondo» si è saputo solo a tratti. Ma è grazie alla giovane Sonja Vukovic, studentessa di giornalismo, che ora sappiamo tutto. Con quel tocco di umana dolcezza, più forte delle violenze, che già era emerso chiaramente nel racconto della sua giovinezza buttata. «La ragazza mi ha suonato al campanello, mi ha assediato per molto tempo, fino a quando non mi ha convinto a ritornare indietro nel mio passato», ha detto in un’intervista. Un angelo comparso in un appartamento di Kreuzberg, dove le due donne, finalmente, hanno parlato a lungo. È arrivata anche l’ora delle confessioni più segrete. A Sonja, Christiane ha rievocato i momenti della sua lotta contro la droga: la disintossicazione e le numerose ricadute, i problemi con la giustizia, le amicizie pericolose, mentre malattie come l’epatite e la cirrosi debilitavano il suo organismo già minato. A fianco di tutto questo, la fama e la notorietà improvvisa che la proiettarono su un palcoscenico molto più grande di lei: la speranza di diventare attrice e cantante, le esperienze sofferte nel mondo della musica, le prime sconfitte, le ultime delusioni. La fuga in Grecia, dove trascorre «un periodo felice», il trasferimento in Olanda. Due aborti e un figlio che rimane la cosa assolutamente più importante. «Un piccolo essere che aveva bisogno di me. E lui era tutto quello di cui avevo bisogno io», ricorda. «Per merito suo — aggiunge — sono diventata una persona migliore»“.
Un bambino che, tuttavia, le è stato portato via ed affidato ai servizi sociali:
“Ora ha diciassette anni, la stessa età, più o meno, di quelle giovani donne che battono ancora adesso la Kurfürstenstrasse, non lontano dalla discoteca Sound, il quartier generale, allora, di un’epoca non proprio così lontana. Altre Christiane, che nessuno ha intenzione di salvare”.