NEW YORK – Keith Haring: 1978-1982 è la retrospettiva recentemente inaugurata al Brooklyn Museum di New York volta a sottolineare i primi e fondamentali anni dell’artista americano scomparso nel 1990.
Vasto il materiale esposto: 155 lavori su carta, sette video sperimentali e più di centocinquanta oggetti provenienti dal suo archivio, compresi i quaderni per schizzi, disegni con gesso e reperti fotografici.
Le opere esposte non sono direttamente riconducibili al periodo più colorato e Pop a cui siamo abituati. Lo stile è più scarno e differente; alcuni lavori non sembrano nemmeno realizzati dalla stessa mano.
Haring, appena 22enne, si era da poco trasferito nella Grande Mela per seguire i corsi d’arte.
Molto prima quindi di incontrare Warhol e Basquiat, prima di lavorare con Madonna e diventare un punto di riferimento per l’arte mondiale e la Street Art partecipando a veri e propri tour mondiali che lo portarono anche in Italia.
Nel 1985 è a Milano, ospite di Elio Fiorucci che per l’occasione gli regala un’intera parete del suo negozio.
In un’intervista al mensile Stilearte, raccontò così quella esperienza:
“Invitai Haring a Milano, stregato dalla sua capacità di elevare l’estemporaneità ai gradini più alti dell’arte. Egli diede corpo ad un happening no stop, lavorando per un giorno e una notte. I suoi segni invasero ogni cosa, le pareti ma anche i mobili del negozio, che avevamo svuotato quasi completamente.
Fu un evento indimenticabile. Io feci portare un tavolone, fiaschi di vino, bicchieri. La gente entrava a vedere Keith dipingere, si fermava a bere e a chiacchierare. Ventiquattr’ore di flusso continuo; e poi i giornali, le televisioni… In seguito, i murales sono stati strappati e venduti all’asta dalla galleria parigina”.
Un talento inesauribile e una vita a totale servizio dell’arte e della voglia di comunicare quello che diventò un vero e proprio linguaggio; Haring rifacendosi ai graffiti primordiali, sviluppò da zero un alfabeto di segni completo dei quali si serviva per comporre le proprie opere.
Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare.
Per tutti quelli che non riusciranno a vedere la mostra dal vivo, potranno seguirla on line: il Brooklyn Museum ha infatti aperto un Tumblr sul quale pubblicherà ogni giorno fino alla fine della mostra l’8 di Luglio, una pagina del diario personale dell’artista.
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