Umberto Veronesi, chi è la moglie Sultana Razon FOTO
9 Novembre 2016 - di Claudia Montanari
ROMA – Umberto Veronesi, chi è la moglie Sultana Razon FOTO. È morto Umberto Veronesi. Il famoso oncologo è venuto a mancare circondato dai famigliari e dalle persone care. Tra queste, la moglie Sultana Razon Veronesi, che lui chiamava affettuosamente Susy da una vita. Una donna forte e umile che è stata accanto al marito per una vita intera.
Sultana Razon, 84 anni, è nata a Milano nel 1932, pediatra di origini ebree turche. Una infanzia difficile quella di Susy, come ha raccontato nel suo libro “Il cuore, se potesse pensare”. Appena 11enne ha varcato i Bergen-Belsen, quei cancelli dell’orrore che durante il nazismo hanno segnato vita e morte di milioni di ebrei in tutta Europa. Ne è uscita qualche tempo dopo, non tanto sana ma salva “e non si è mai riuscita a spiegare come ha fatto”. Tornata a Milano ha subìto la povertà anestetizzandola con lo studio, notte dopo notte. La Medicina, fin dai tempi del campo di concentramento, era il suo chiodo fisso quasi quanto la sua malattia che l’ha portata, da giovanissima, a perdere un rene. Ma Sultana ce l’ha fatta: è arrivata prima la Laurea, poi la sua prima Fiat 500 e la specializzazione in pediatria. Proprio grazie alla Medicina ha conosciuto Umberto Veronesi, quello che sarà poi il compagno di una vita con cui ha generato 6 figli.
La felicità, per Sultana, ha sempre altalenato con la disperazione. Come quando ha tribolato, ben 4 anni, con la malattia di una delle figlie. Poi le guarigioni, quelle dei pazienti suoi e del marito, le delusioni, i lutti, la sua carriera, il tumore vinto, le infedeltà del marito vere e presunte. «In macchina Umberto disse improvvisamente: “Ti devo fare una confessione”. Guardando fisso la strada: “Ho un altro figlio di quattro anni”. Mi sentii gelare…» racconta nel suo libro.
Una donna forte Sultana che ha sempre vissuto accanto al marito senza mai rimanere nell’ombra. Elegante, colta, a modo. In una intervista a Io Donna, parlando del suo libro ha raccontato:
“«Avrebbe dovuto essere un regalo per la famiglia, pensavo a una quarantina di copie… ma un’amica di mia figlia lo legge e ci dice “perché non lo pubblichi?”». «Molte cose non le ho dette. Ai figli e agli amici non si può dire tutto, no? L’essenziale però c’è, ed era importante che lo raccontassi ». Una donna particolare. Che giustamente ce l’ha a morte con i negazionisti («Ho scritto di Bergen-Belsen anche per questi farabutti»). Che, da medico e da madre, s’indigna con «le donne che vogliono fare il di più e non portano a vaccinare i figli, mettendo a rischio la salute dei propri e degli altrui bambini». Una donna che si è scoperta. E suo marito? Come l’ha presa? «Ma via, erano cose risapute! Sì, è vero, all’inizio un po’ si è offeso, però queste pagine non sono che un elogio alla sua personalità, alle sue qualità». È davvero, come recita il sottotitolo, una storia d’amore, ricerca e battaglie”.