I nomi baccalà e stoccafisso, esprimono soltanto due modi diversi di trattare un unico pesce, il merluzzo, o “gadus morrhua” , della famiglia dei Gadidi, pesci ossei del sottordine degli Anacantini; trattamenti dovuti a ben precise condizioni climatico-ambientali per la sua conservazione. La famiglia dei Gadidi conta ben 140 specie raggruppate a loro volta in 15 generi. Del nostro pesce sono ricchissime la Norvegia, l’Islanda, la Groenlandia, il Mar Baltico e Terranova, dove domina lì acqua pulita e molto fredda, mentre quello volgare, o Nasello, è presente nel Mediterraneo, ma con caratteristiche diverse. Quello che ci interessa, è il Gadus Morrhua dell’ordine dei Teleostei, dal colorito verdastro o bruno, con macchiette gialle sul dorso e una linea laterale bianca su tutto il corpo , dal ventre brunastro. Lungo fino ad un metro , un metro e cinquanta , e del peso fino a 50 kg. Centro di pesca sono le isole Lofoten sulla Costa settentrionale della Norvegia che pullulano di migliaia di pescherecci tra dicembre e aprile. La pesca viene effettuata con reti e ami. Per esca vengono usati calamari, o tranci di altro pesce.
Una volta pescato il merluzzo, liberato già sul natante della testa, delle pinne, della coda e dell’intestino, viene immediatamente messo in barili, con abbondante sale che ne garantisce il prosciugamento e la lunga conservazione. Questo è il baccalà.
Quando invece viene scaricato a riva e portato a seccare per mesi sui graticci di legno a temperatura che si aggira sugli zero gradi, esposto quindi all’aria fredda e ai deboli raggi del sole del cielo nordico, si ha lo stoccafisso, ovvero stock, legno o bastone di fish, di pesce, tale apparendo per forma e per durezza. Dunque: il baccalà è il merluzzo aperto a libro, pulito, deliscato, salato e imbarilato. Lo stoccafisso, è il merluzzo aperto, ma seccato all’aria fredda del Nord, esposto a lungo sui graticci di legno di Norvegia, e la qualità migliore è quella denominata “ragno”.E’ noto che il baccalà lotta con Palladio per conquistare il trono di simbolo della città di Vicenza nel mondo. A Rost una delle più sperdute fra le isole Lofoten al largo della Norvegia, più di quattro secoli fa, (1432) naufragò la spedizione agli ordini del capitano veneziano Pietro Querini e lì, per un singolare effetto a lungo termine di quello sbarco avventuroso, oggi hanno Vicenza nel cuore. Il merito è degli stoccafissi che capitan Querini portò con sé rientrando a casa, e che a illuminati gastronomi vicentini ispirarono, previo opportuno trattamento la nascita del piatto chiamato baccalà, raccomandabile con polenta.
Ingredienti per 6 persone:
gr. 600 di stoccafisso secco € 12,00
1/2 litro di olio d’oliva extravergine € 2,50, gr. 250/300 di cipolle, 3 sarde sotto sale, ½ litro di latte fresco , un pugno di farina bianca, gr. 50 di grana grattugiato, del prezzemolo tritato,sale e pepe q.b. € 2,50
Kal. 400 pro capite Costo totale € 16,50
Preparazione :
Battere per bene il baccalà e ammollarlo in acqua fredda cambiandola ogni quattro ore per 2 giorni ( se non avete tempo e pazienza, compratelo direttamente già ammollato e dissalato).
A questo punto, togliete la pelle (io non l’ho fatto, ma la ricetta originale dice così) e aprite il pesce per il lungo, quindi eliminate le lische. Tagliatelo quindi a tranci più o meno della stessa grandezza.
Fate rosolare la cipolla finemente tritata in un tegame , aggiungendo poi le acciughe diliscate e tagliate a pezzettini e, a fuoco spento, aggiungete il prezzemolo tritato. Infarinate dunque i pezzi di baccalà dopo averli bagnati con un po’di soffritto, disponeteli in un tegame di coccio, sul cui fondo avrete versato qualche cucchiaiata di soffritto , quindi ricopriteli con il restante soffritto
Aggiungete anche il latte, il grana il sale, il pepe e il resto dell’olio, fino a coprire per bene i pezzi di baccalà.
Fate cuocere il baccalà alla vicentina a fuoco lentissimo per 4 ore , muovendo la pirofila di tanto in tanto, in senso rotatorio, senza però mai mescolare con alcun arnese.
Servite il vostro baccalà alla vicentina sia caldo che a temperatura ambiente , facendolo riposare per 12/24 ore, ma accompagnandolo possibilmente con della buona polenta ( meglio se a tocchi e fritta ).
I vini che più si addicono a pulire il sapore aggressivo, e la morbidezza sulle papille gustative del nostro baccalà sono diversi; al Gourmet lasciamo la scelta motivata e intelligente… l’assaggio di volta in volta del Vespaiolo di Breganze, dalle sfumature di favo d’ape, o ancor più del Durello, duro dal gusto esclusivo, o del (Tocai) Rosso di Barbarano, rosso rubino non intenso, di buona gradazione, dal richiamo di cotogna.
Una sola cosa è certa: il baccalà vuole un vino che non sovrasti il gusto suo proprio e che sgrassi, pulisca la bocca senza togliere quelle magiche sensazioni gustative che il baccalà sa dare.
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