Ansia da pandemia, identikit abitativo di chi ne ha sofferto di più
31 Maggio 2020 - di Claudia Montanari
Se anche tu durante la quarantena hai avuto ansia da pandemia, sappi che non sei solo. Secondo un’indagine, un italiano su quattro ha sofferto di sintomi ansiosi significativi durante il periodo di lockdown.
L’indagine ha preso in considerazione le condizioni abitative e disagio psico-fisico in quarantena e l’ha realizzata online un team del Politecnico di Milano e dell’Università di Genova.
L’importanza dell’abitazione
Secondo i risultati, alcune caratteristiche delle abitazioni sono più ricorrenti in chi presenta sintomatologia marcata di ansia da pandemia rispetto a chi ha sintomi lievi o assenti.
Qualità della casa e ansia da pandemia
Ad esempio, abitare in una casa di superficie inferiore ai 60 mq è una condizione più frequente tra chi ha sintomi depressivi: il 14% contro l’8,5% di chi non li ha.
Dal sondaggio su quasi 10mila persone è emersa anche una forte relazione tra sintomi depressivi marcati e abitazioni con scarsa illuminazione naturale, basso comfort acustico e termo-igrometrico.
Ma anche locali diurni caratterizzati da un numero limitato di soft qualities come opere d’arte o elementi verdi. E quelli che non garantiscono un’adeguata privacy durante i sempre più numerosi momenti di connessione telefonica e video.
Queste condizioni abitative sono infatti più frequenti (34%) in chi ha sintomi depressivi rispetto a chi non ne presenta (13%).
I risultati delle analisi condotte dimostrano inoltre che chi abita in case con queste qualità indoor scarse corre un rischio due volte maggiore di manifestare sintomi di depressione moderata/severa rispetto a chi ha case più luminose e di qualità.
Balconi e finestre
Balconi, terrazzi e logge giocano un ruolo importante: chi ha sintomi non dispone infatti di tali spazi nel 37% dei casi.
Anche la vista dalle finestre ha un peso rilevante: risulta più sintomatico chi affaccia su spazi outdoor di scarsa qualità, sia verdi, quali terreni incolti o spazi di risulta, sia costruiti, come parcheggi, strade o capannoni (28% dei casi contro il 17% degli asintomatici).
Gli intervistati hanno risposto su come l’ambiente domestico abbia influito sulle loro performance di lavoro o di studio. Il 31,2% dichiara che queste sono state sensibilmente peggiorate dal “nuovo” ambiente.
Il Covid-19 – è la riflessione nata dalla ricerca – lascerà un segno anche nel mercato immobiliare, accrescendo il valore di alcune abitazioni e svalutandone altre.
Le parole d’ordine per gli spazi residenziali saranno flessibilità, igiene e resilienza.
Questo per permettere possibili trasformazioni in spazi lavorativi accoglienti e funzionali e per assicurare il benessere psicofisico di chi li abita.
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