Gabriele De Santis: connubio perfetto tra contemporaneità e arte
9 Febbraio 2017 - di Claudia Montanari
ROMA – That’s how’s gon’ be, young, wild and free. Not gonna slow down. Up to the max, until we crush, we’re not gonna stop now e’ un’opera dell’artista romano Gabriele De Santis, che ha fatto parte della personale dell’artista allestita presso la Galleria Frutta di Roma nel 2014.
Frizzante e colorata, vero? A prima vista sì ma, se guardata con occhi meno scanzonati, l’opera di De Santis mostra interessanti connessioni con il passato e con il modo di vivere la nostra quotidianità. Già dal titolo, è chiara la volontà dell’artista di tracciare una condensata e intensa rappresentazione della rapidità e della ossessione produttiva cui l’umanità sta andando incontro.
I due cocktail con l’ombrellino, posti su due identiche colonne bianche, potrebbero alludere a un brindisi e a una piacevole chiacchierata tra conoscenti. Allora, perché le due colonne poggiano su delle rotelle? Qual è il significato sottinteso?
Per scoprirlo torna utile ricordare il significato simbolico di rapidità che De Santis attribuisce alle rotelle in diversi suoi lavori, come per esempio in Gunnel o in Tell the truth and run.
In un mondo in cui ognuno di noi è chiamato alla massima produttività in tempi sempre più ridotti, sembra voler dire, non si ha più il tempo di fermarsi, di rallentare, talvolta nemmeno per una fugace chiacchierata. We’re not gonna stop now, appunto. Ma se tutto corre velocemente e persino le parole perdono di significato, che cosa rimane all’umanità? Dove l’uomo di oggi può posare il suo sguardo e trovare un senso che non sia solo di passaggio?
La poetica di Gabriele De Santis riporta questi quesiti in maniera giocosa e irriverente, ritraendo una società in continua trasformazione in cui si assiste a un rapido cambiamento, rispetto al passato, del modo di comunicare e di trasmettere informazioni. Gli unici elementi di saldezza e stabilità racchiusi nell’opera sono le due colonne bianche che sorreggono i due cocktail. Che per l’artista rappresentano simbolicamente le colonne portanti e immutabili del nostro sapere e della nostra storia. A cambiare sara’ solo la velocita’ attraverso cui le nostre conoscenze saranno costrette a viaggiare. De Santis non e’ forse nato e cresciuto a Roma? Chi meglio di lui, quindi, può avere uno sguardo rivolto sia al passato che al presente? “Roma è un museo a cielo aperto” dicono in molti ed è inevitabile, come l’artista stesso ha ammesso, che i lavori di De Santis siano intrisi della sua aria.
di Giulia Cennamo